With A Little Help From My Fwends
01 Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club
(featuring My Morning Jacket, Fever the Ghost & J Mascis)
With A Little Help From My Friends
(featuring Black Pus & Autumn Defense)
Lucy In The Sky With Diamonds
(featuring Miley Cyrus & Moby)
Getting Better
(featuring Dr. Dog, Chuck Inglish & Morgan Delt)
Fixing A Hole
(featuring Electric Würms)
She's Leaving Home
(featuring Phantogram, Julianna Barwick & Spaceface)
Being For The Benefit of Mr. Kite!
(featuring Maynard James Keenan, Puscifer & Sunbears!)
Within You Without You
(featuring Birdflower & Morgan Delt)
When I'm Sixty-Four
(featuring Def Rain & Pitchwafuzz)
Lovely Rita
(featuring Tegan and Sara & Stardeath and White Dwarfs)
Good Morning Good Morning
(featuring Zorch, Grace Potter & Treasure Mammal)
Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club (Reprise)
(featuring Foxygen & Ben Goldwasser)
A Day In The Life
(featuring Miley Cyrus & New Fumes)
Rivisitare un'opera musicale che ha
ispirato generazioni di musicisti è tutt'altro che un lavoro
semplice, né costituisce di per sé una novità assoluta. Bisogna saper
essere creativi ed allo stesso tempo non sfigurare rispetto alla
versione originale. Ci sono artisti che vivono esclusivamente di
questo, come gli Easy Star All Star, il progetto dub che aveva già
rivistato tre capisaldi come The Dark Side Of The Moon, Sgt. Peppers
Lonely Hearts Club Band ed Ok Computer.
L'album maggiormente preso di mira
dalle band mainstream, in questo senso, sembra proprio essere The
Dark Side Of The Moon, di cui si possono segnalare anche un'inutile
“copia carbone” dei Dream Theater, la recente pubblicazione di
una versione dei Gov'T Mule ed, appunto, l'omaggio appassionato in
chiave barrettiana dei Flaming Lips, The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing The Dark Side of the Moon.
Si tratta di un album che aveva colto
fin dal principio la mia attenzione per la copertina un po'
irriverente ed oltraggiosa e del quale rimasi a lungo un po' scettico
ed un po' spaventato allo stesso tempo, quasi come se l'idea del solo
pensiero che qualcuno potesse mettere le mani sul Lato Oscuro Della
Luna rappresentasse un oltraggio a qualcosa di sacro almeno
quanto lo è l'immagine di Maometto per qualche scriteriato con la
barba lunga a cui piace far saltare gente a caso per le strade di
Parigi, Londra o Madrid.
Fu proprio quando mi decisi a lasciare
da parte le mie reticenze che mi accorsi di quanto mi stessi sbagliando. Spesso le reinterpretazioni, anche se è lo stesso
artista a riproporre i suoi pezzi anni dopo, finiscono per causare un
certo senso di nostalgia per le versioni originali: manca il
sentimento che l'artista mette nel momento stesso in cui crea e vive
la canzone, e quella è una cosa unica, irripetibile. In The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing The Dark Side of the Moon, invece,
non si sente niente di tutto questo. Le canzoni sono le stesse di The
Dark Side Of The Moon, ma gli arrangiamenti ed alcune soluzioni
ritmiche ed armoniche sono così diverse che non ti passa neanche un
attimo per la testa di fare confronti con la versione originale. È
una cosa bellissima, e secondo me è esattamente lo stesso che ha
fatto Quentin Tarantino quando in Inglorius Bastards fa trucidare
hitler da degli ebrei di origine americana, o di Duchamp quando
disegnò i baffi alla Gioconda: si tratta di prendere uno stereotipo,
anzi diciamo un tabù (come la rivisitazione di un'opera ritenuta
ineguagliabile per bellezza o meriti artistici, o un tema delicato come lo sterminio degli ebrei o il corso della storia stessa) e riappropriarsene,
attribuendogli così significati diversi.
Perché uno dei problemi
più grandi di questa generazione (e della musica generale) – e sto
parlando di un problema che è al centro del dibattito filosofico da
anni – è che si ha l'impressione che sia un po' già stato fatto
tutto e che non si possa produrre niente di nuovo e spesso si guarda
al passato con nostalgia, ci si cristallizza sull'idea che ci sono
cose (come The Dark Side Of The Moon, o il Sergente Pepper) che mai
saranno uguagliate perché, del resto “erano altri tempi” oppure
“i tempi sono sbagliati”: si ha l'abitudine di guardare molto al
passato ed avere poca fiducia nel futuro. E così quei patrimoni
indiscussi rimangono lì in bella mostra, a portata di tutti e
nessuno, come una bella fica che non disdegna fare quattro parole con
tutti ma non la mai a nessuno. Ed i Flaming Lips, così come Duchamp,
così come Tarantino, hanno quella capacità di sbloccare la
situazione, impadronendosi del Sergente Pepper e dipingendo baffi a
destra e a manca sulla sua faccia, stravolgendo le strutture delle canzoni, infilando sintetizzatori
saturi come un rollo di pancetta che cuoce nel burro fuso, quasi come
se Coyne, capo indiscusso di tutta questa baracca di
anarco-insurrezionalisti, volesse gridarci a spada tratta: “Questo
album è un patrimonio dell'umanità, di tutti! Inutile limitarci
a guardarci indietro, non bisogna essere prevenuti! Tanto vale scherzarci sopra, tutt'insieme, in
questa bellissima giostra che è la musica, perché un mito nasce proprio quando cadono i tabù che ruotano attorno ad esso!”
La personale rivisitazione dei Flaming
Lips del famoso Sergente Pepper è un colpo messo incredibilmente a
segno.
Il progetto nasce a metà tra l'idea di ripetere la grande
sfida di The Flaming Lips and Stardeath and White Dwarfs with Henry Rollins and Peaches Doing The Dark Side of the Moon e della pubblicazione di un album dalla formazione
allargata che è già stato alla base di The Flaming Lips And Heady
Fwends.
With A Little Help From My Fwends è
una specie di versione sgangherata ed in chiave noize del classico
dei Beatles. A mio giudizio le versioni migliori sono proprio quelle
della title-track e la tanto chiacchierata Lucy In The Sky With
Diamond, che vede alla voce la pop star più discussa degli ultimi
anni.
Sgt. Peppers Lonely Hearts Club Band
ha il pregio di riuscire ad aumentare la teatralità della
presentazione in chiave musicale, pur facendo a meno dell'orchestra
di fiati che affiancava i Fabolous Four. È più dinamica, quasi
ballabile, con tutti quei suoni elettronici che fanno da sfondo alla
voce esile che presenta la band. Il bridge ad un minuto, invece,
presenta quel suono vibrante che riesce a rendere quasi
tangibile quell'immagine da circo che i Beatles volevano tanto ma non avrebbero mai
potuto sognare di realizzare: e questo perché, pur essendo dei
musicisti di tutto rispetto rispetto a Coyne e Drozd, ai Fab Four è
sempre mancata la sfacciataggine musicale dei Flaming Lips. Il
ritornello, invece, sembra preso in prestito dalla versione di Jimi
Hendrix ed è un muro di overdrive e distorsioni (neanche la voce è
risparmiata), ma ciò che veramente sono il rallentamento che la
precede e la successiva accelerazione: una piccola manovra permessa
dall'aiuto del progresso tecnologico, ed il risultato è come se la
canzone fosse un collage di tre parti montate assieme ed un pezzo
unico allo stesso tempo.
Lucy In The Sky With Diamonds, che presenta Miley Cyrus alla voce, che peraltro non sfigura per niente su quella tonalità (anche se manca quell'appeal psichedelico che aveva solo ed esclusivamente la voce di Lennon), sembra riuscire ad enfatizzare la portata emotiva del ritornello, grazie a quello stacco di tastiera che lo introduce. È probabile che il merito di questo ritocco sia ad attribuire a Moby (altro collaboratore del pezzo), ma la saturazione ed il suono delle tastiere costituiscono ormai un marchio di fabbrica dell'ultima produzione dei Lips (7 Skies H3 in particolare).
Negli altri pezzi, in generale, ci si
ritrova davanti a delle versioni più sporche e rumorose delle
originali. In alcuni pezzi la componente elettronica è veramente
preponderante: Fixing A Hole è così pesantemente filtrata che
sembra venir fuori da un'allucinazione di Donnie Darko, She's Leaving
Home ha una batteria elettronica pesantemente trip-hop, Being For
The Benefit Of Mr Kite, col suo basso ripetitivo privo di variazioni
tonali e tutti quei synth cupissimi, sembra provenire direttamente
dall'oltretomba, le voci robotiche di When I'm Sixty Four sopprimono
così tanto il senso melodico della composizione originale che quando
appaiono i suoni di campana sembra uno sprazzo di paradiso
all'inferno, Lovely Rita sembra un pezzo indie new wave, Good Morning
Good Morning ha uno stacco indimenticabile a 01:50, come se avessero chiamato un coro di robot ad intonare un gospel.
La bonus track, A Day In The Life, vede
di nuovo la presenza di Miley Cyrus.
È ormai noto come la band sia
in buoni rapporti con lei. Ho come l'impressione che i Flaming Lips
stiano facendo per la scena indie rock quello che Miles Davis ha
fatto dei musicisti jazz per anni e cioè di saper riconoscere i
fenomeni musicali degni di nota e fornire i giusti spazi perché lo
possano dimostrare. Non è un caso che nel precedente The Flaming Lips And Heady Fwends apparissero Bon Iver ed i Tame Impala, che oggi sono dei fenomeni
indiscussi.
Stando alle loro interviste, sembrerebbe che la Cyrus
abbia la testa sulle spalle molto più di quanto voglia far credere e
che stia semplicemente sfruttando il proprio corpo e certi
atteggiamenti un po' osé (come, del resto hanno fatto anche Lady
Gaga, Cher, Madonna, Rihanna, Shakira, Grace Jones, Jennifer Lopez, le Serebro, Cristina Aguilera prima di passare alla famiglia dei cetacei, Britney Spears, le Spice Girls ecc ecc…) come pura strategia di
marketing, La sua recente amicizia coi Flaming Lips le farà imparare
molto ed è probabile che da lei potremmo aspettarci delle sorprese,
questa volta finalmente sul piano musicale.
E quindi ringrazio i Flaming Lips, e
ringrazio Wayne Coyne perché quando si tratta di Wayne Coyne non si
possono avere certezze e diventa finalmente bello dubitare di sé
stessi e di tutte le nostre certezze, e credo che per questa
generazione lui e la sua musica siano una vera manna dal cielo così
come lo erano Lou Reed ed Iggy Pop per gli anni 70, perché portano
avanti una piccola rivoluzione che ha qualcosa da insegnare ad ognuno
di noi.
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