lunedì 18 dicembre 2017

Le otto più grandi delusioni italiane di questo 2017 - #3 Rovazzi

Vi chiederete come mai un integerrimo rompicazzo come me abbia riservato a Rovazzi solo la terza posizione, in una classifica dove tutto sommato si era parlato di gente in gamba, gente che fa musica, pur con i suoi limiti (qui elencati), come i The Circle (#8), Motta (#7), gli /handlogic (#6), Manuel Agnelli e Levante (#5) ed i Marlene Kuntz (#4).
State bene a sentire

Le otto più grandi delusioni italiane di questo 2017 - #3 Rovazzi
ossia
"come dimostrare che della musica ormai non gliene frega un cazzo a nessuno"

Vogliamo ricordarcelo così, Fabio Piccolrovazzi (controllate bene, il cognome Rovazzi in Italia non esiste), classe 1994. Un ragazzino dall'aria semplice, una foto casual senza pretese da stardom, un look da italiano medio, con il ciuffetto che va tanto tra i giovanissimi e quel tocco nerd che non guasta.
Perché Rovazzi non è mai stato un'artista musicale. Rovazzi è un nerd.
Lo abbiamo conosciuto con la bellissima clip di Andiamo A Comandare, ma era già comparso in una serie di video comici da lui stesso concepiti, anche se il suo vero esordio è stato a fianco di Fedez, nel video di Non C'è Due Senza Trash.


In un certo senso ammiro Rovazzi. Pur facendo parte ormai dell'immaginario collettivo, ed essendo a pieno titolo una vera e propria figura di punta della musica di successo italiana di questi ultimi due anni, non si è sbilanciato di mezzo millimetro. Ogni suo pezzo è stato concepito magistralmente per fare presa su una critica sociale piaciona e fine allo stesso tempo.
Rovazzi era un ragazzino appassionato di montaggi ed aveva pubblicato alcuni video su youtube. Tra questi, un video che lo ritraeva con una ragazza che lo assillava con delle problematiche frivole. Lui, annoiato, la portava sul tetto, dove grazie all'utilizzo di un drone, probabilmente il gioiellino-regalo di natale o frutto di qualche mese di risparmio, le mostrava il paesaggio dal tetto di un palazzo: la vastità del "cazzo che gliene fregava". 

 
Qualche mese, anzi un annetto dopo, l'incontro con Fedez, la partecipazione a Non C'è Due Senza Trash, il video di Andiamo A Comandare.


Spinto inizialmente dai cameo di Fedez e di J-Ax, il video si era inizialmente fermato intorno alle 500mila visualizzazioni. Non male per un giovane esordiente, troppo poco per sostenere una carriera da youtuber a colpi di inserzioni pubblicitarie. Poi, il famoso effetto pecora. Il video diventa virale. Il balletto ed il ritornello diventano un tormentone. E fin qui, niente di male. Il video arriva ovviamente in TV, non tanto perché viene passato dalle emittenti musicali, ma in quanto diventa argomento da parte di fenomeni da palinsesto più noti. La coreografia di quel balletto ironico passa in prima serata. 
L'escalation è devastante. Le visualizzazioni arrivano fino a sette, fino a otto zeri. Le radio cominciano a passare la canzone, il singolo diventa disco d'oro solo grazie al conteggio delle visualizzazioni di Youtube. In un certo senso, Rovazzi ha fatto una rivoluzione. Siamo passati dalle vendite allo streaming, senza passare dai soliti meccanismi di promoting.
Eppure, questa storia, fuori dall'Italia, si era un po' già vista. Io mi ricordo che quando ero sulla ventina c'era questo gruppo col culo parato, che mischiava l'ironia con dell'elettronica spicciola ma pur sempre ben prodotta, ma accattivante. Si trattava di Stefan Kendal Gordy, in arte Redfoo, figlio tardivo di Berry Gordy, mitico fondatore dell'etichetta Mowtown. Redfoo è stato, in assoluto, il primo artista a raggiungere il milione di like su ogni tipo di social network grazie alla pubblicazione di un video. Si trattava di Party Anthem, del duo LFMAO, nel quale collaborava assieme a suo nipote, .Skyler Austen Gordy, in arte Skyblu. Ancor più interessante, però, fu il successo virale di I'm Sexy And I Know It, video trash in cui lo stesso Redfoo si strattava i pantaloni per mostrare un imbottissimo perizoma ed agitarlo davanti alla telecamera.


Di lì a poco, gli LFMAO incassarono i soldi e scomparsero nell'oblio. Fu invece un rapper sudcoreano a raccoglierne l'eredità, PSY, inventandosi un ballo che facesse il mimo di un cavallo al galoppo. Il video, concepito satiricamente per prendere in giro le abitudini del quartiere borghese di Seoul, fu il primo in assoluto a raggiungere il miliardo di visualizzazioni su Youtube. Il fatto fu così eclatante che alcuni accostarono persino un'oscura profezia di Nostradamus al raggiungimento del traguardo a nove zeri:

“From the calm morning, the end will come when of the dancing horse the number of circles will be nine.”
(Dalla calma mattina, la fine avverrà quando del cavallo danzante saranno nove i numeri dei cerchi)


Ovviamente, la profezia è una parodia scritta ad hoc per fare un po' di caciara sui social. Volendo, però, possiamo comunque soffermarci su due parole dall'ammonimento dell'ipotetico Profeta.

LA FINE.

Io in un certo senso ero felice di Sexy And I Know It. Ero felice anche di Gangam Style. Finalmente un po' di artisti di successo che non si prendono sul serio. Però, guardando dall'altro lato della medaglia, il peggio potrebbe essere proprio questo. Potrebbe essere che sviluppare la libertà ideologica di poter sfacciatamente proporre un prodotto di merda, venderlo come tale, gridando al mondo "sono solo puttanate" sia la scelta vincente. Questo è il discorso che fanno apertamente sia Rovazzi alla fine del video di Tutto Molto Interessante che Papi alla fine del video di Mooseca.


Sostituirsi, in tal senso, alla musica, porterebbe necessariamente alla fine della musica come forma di arte. Perché prima c'erano gli artisti che facevano le canzoni brutte e ballabili, che rimanevano confinate nelle discoteche per un pubblico di ballerini goffi, ubriachi ed arrapati, e c'erano le canzoni belle, quelle che facevano a pugni con l'idea del successo, forse non ci arrivavano proprio, ma finivano per rimanere nel pantheon del bagaglio culturale umano e, magari, venivano rivalutate anni dopo.
Ora che, invece, l'importante è fare trend, ed il trash è il modo più veloce per farlo, bypassando il talento di netto, gli artisti che vogliono fare dell'arte si trovano un'altra porta sbarrata: una porta di piombo spessa 50 cm, impossibile da tirare giù, se non con l'unica chiave che permette di valicare tutte le porte.
Il porno. 


Ed è così che se non hai un bel paio di cosce, un volto da fata, un bel paio di tette, se non sei bellino da morire e depilato, o se non hai uno schwanzstucker colossale da mostrare, a nessuno interessa la tua proposta. Le porte del business vengono sempre più sbarrate alla cultura.
Poco importa che si possa vivere di piccoli circuiti, di musica e di scene alternative. La controcultura ci sarà sempre. Ma, di fronte ad una massa imperante, sempre più alla mercé di un bombardamento mediatico totalmente privato del contributo culturale, qualsiasi tentativo di fare arte, e cultura in quanto tale, diventa inutile.
Rovazzi è su questo che si adagia. Io ammiro l'onestà di quel ragazzo per essersi scusato ufficialmente davanti alla comunità dei musicisti italiani.
 Lo avesse mai fatto nessuno prima di lui. 
Ha chiesto scusa, non se lo aspettava, lo ha fatto e si è guadagnato il mio rispetto.
Ma il problema è che lui stava giocando, e tutti lo hanno preso sul serio! Questa è la dimostrazione della merda di mondo in cui viviamo. Se hai 10 miliardi di visualizzazioni, poco importa che tu non abbia niente da dire o sia il Diavolo in persona. Sei qualcuno, la gente ti ammira, ti vuole, vuole stare con te, vuole farti un pompino. Come se ingoiare la tua sborra li avvicinasse a Dio. Ma quale Dio? Qui siamo davanti al più misero dello squallore, alla più becera delle umiliazioni. Io posso ancora capire il discorso della vecchia groupie che è fissata con il suo gruppo preferito e se li vuole scopare tutti, dal primo all'ultimo, che si covi un bel sano desiderio di trasgressione sessuale. Ma qui siamo su un altro pianeta.
Rovazzi.
Saluta Andonio (Marco), quindicenne che viene pagato 5000 euro a discoteca e riceve video di striptease da parte di ventitreenni.
Enrico Papi che resuscita dal dimenticatoio cantando lo stornello con cui lo prendevano per il culo sui social.


Andrea Dipré che si fa spompinare da due 18enni che vogliono farsi pubblicità al loro ingresso nel mondo del porno.

Avevo ragione a scrivere che "il capitalismo ha vinto non perché ha cambiato il nostro modo di essere, ma quello di esistere": i nuovi personaggi famosi sono della gente ridicola che fa cose ridicole e piace in quanto tale. E tutto questo perché siamo sempre connessi, sempre appiccicati ad un cazzo di pc, ma anche il pc è diventato scomodo perché è grande ed impegnativo ed allora usiamo gli smartphone che sono pratici e vogliamo contenuti brevi, per non sforzare il nostro cervellino, e vai allora con il video di Instagram, il Meme, un Pornazzo, un altro video di Instagram, un mi piace al culo della nostra compagna di classe che è diventata modella.
Ma nel frattempo i teatri si svuotano, chiudono. Le Conad aprono negli edifici storici, i contest sono sempre meno partecipati, le piazze sono vuote.
Il giorno in cui i 2001 avranno il diritto di votare la speranza sarà finita. Ci restano solo due anni.
Per quanto mi riguarda, il nuovo presidente potrebbe anche essere Fedez, o Rovazzi. O, ancora peggio, quello che ci ha insegnato meglio di tutti a non pensare più a niente, a dedicare il nostro tempo al nulla più totale. Silvio Berlusconi.
Voi ridete e scherzate (come dice un famoso meme), ma ci sono due aspetti da considerare che hanno un fondamento scientifico:
1. Il nostro cervello è fatto da cellule che lavorano come muscoli. Ci sono certe cellule che si attivano quando leggiamo un foglio di carta. Meno lo facciamo, meno queste sono performanti. In sostanza, è praticamente logico diventare stupidi dopo due anni di notizie flash lette sugli smartphone
2. Quando il qualunquismo, il populismo, le frasi fatte, la risata facile, la logica arrogante del piacione ha una predominanza incontrastata su tutti i campi del sapere (giornalismo, arte, musica), la conseguenza politica inevitabile è il fascismo.
Non lo vorrei mai dire, ma rimpiango il fascismo. Quello vero.
Quello con l'educazione obbligata, le escursioni obbligatorie, gli inni scritti dagli artisti del fascio, le sperimentazioni artistiche.
La democrazia della rete è la madre di Rovazzi. La demagogia virtuale.
Gli adolescenti vanno a ballare Rovazzi. Tutto quello che sanno di Kurt Cobain è che era un figaccione, considerano Jimi Hendrix musica da vecchi.
La fine.

lunedì 4 dicembre 2017

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #4 Marlene Kuntz



Ebbene sì, eccoci qui ad entrare finalmente nella parte alta (cioè bassa, ahimé) della classifica delle 8 formazioni italiane più deludenti di questo 2017.
Riassumendo brevemente, abbiamo parlato
dei The Circle (#8) – dubbi confermati, artisti della mistificazione informatica
di Motta (#7) – fenomeno della porta accanto con lacune tecniche evidenti,
degli /handlogic (#6) – talento incredibile, ma esploso solo grazie ad un incredibile caso di omonimia
 e della coppia Agnelli/Levante (#5) – eroi indie trasformati in fenomeni da palinsesto.
Oggi però entriamo in un altro regime, quello delle delusioni vere, spietate, in cui il perdono e l’empatia vengono messe da parte di fronte alle spiazzante scelte degli artisti, o dei presunti tali.
Parliamo pertanto de

Le più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 – Marlene Kuntz (#4)
ossia
come costruire una carriera dal talento all’antipatia, senza necessariamente passare dal successo”


"Nel disco "Canzoni per un figlio" hai detto che hai scritto le canzoni con l'intento di tramandare dei valori ad un figlio. Si può dire che, in questo senso, le canzoni siano venute a te o sei stato più tu a venire dalle canzoni?"
"Credi di essere tanto intelligente facendomi una domanda di questo tipo?"

Cristiano Godano, intervista per una web radio fiorentina, 2012

Premetto. Non sono io l'intervistatore, non ho mai conosciuto Godano di persona. O San Godano, come lo chiamiamo tra di noi.
Voglio cominciare così, cercando di essere delicatissimo.
Cristiano Godano è una testa di cazzo. Meriterebbe che qualcuno gli fracassasse la testa.
Meriterebbe di ritrovarsi tra le mani di una venticinquenne che fa finta di rimorchiarlo, lo porta in bagno, gli chiede di slacciarsi i pantaloni e poi accende improvvisamente le luci e lui si ritrova lì, col cazzo moscio in mano, circondato da ragazze bellissime che lo sbeffeggiano per il suo piccolo pene floscio, qualcuna al grido di "pervertito".
I Marlene Kuntz erano un gruppo fichissimo. Fichissima la genesi, fichissimo il nome (un gruppo italiano che fa eco agli Einsturzende Neubaten? Ed io che credevo di essere gli unici a conoscerli…) soprattutto per averlo tirato fuori prima dell’età dell’arroganza hipster – o dovrei dire dell'arrogantismo, la corrente di pensiero dei 2010 – in cui tirare fuori riferimenti di nicchia è diventato di moda.
Un nome tirato fuori agli inizi degli anni 90 in un Italia cui, comunque, il mondo guardava ai Nirvana ed agli Alice In Chains, mica ai Sonic Youth seppur fossero una costola fondamentale, se non i padri indiscussi, del movimento che aveva preso piede oltreoceano.
I Marlene Kuntz erano così fichi che, quando ancora non erano nessuno, un loro demo contenente la canzone Lieve, che sarebbe poi servito per la realizzazione di di Catartica, fece innamorare Giovanni Lindo Ferretti, al tempo forse la persona più influente sulla scena alternativa italiana. Fu proprio Ferretti ad insistere per l’inserzione di Lieve nel primo album dal vivo dei CSI, per non far sì che i Marlene non escludessero il pezzo dal primo disco, come avevano invece intenzione di fare.


 I Marlene, per ragioni sia storiche, che di genere, che per la loro collocazione nella scena alternativa italiana, possono essere utilmente paragonati agli Afterhours. Più estremi in tutti i sensi.
Più estremi nelle scelte musicali, nelle canzoni più complesse e respingenti come nei tentativi pop, più brillanti nelle scelte azzeccate, improponibili in quelle mancate.
A differenza degli Afterhours, che tutto sommato hanno sempre mantenuto un buon livello medio compositivo, si può dire che i Marlene in tutta la loro discografia abbiano realizzato 3 album ottimi, ed un live indimenticabile: Catartica, Il Vile, Ho Ucciso Paranoia e HUP: Live In Catharsis.
Poi, il Nulla.
Una raccoltina con due rivistazioni (Cometa), quattro album di merda, un best of, una vago sussulto di vita con Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini, un'altra rivisitazione dei vecchi successi ed il canto del cigno con Pansonica, che con la scusa dei vent'anni di Catartica ne riproponeva il sound e la grinta. Si può dire che negli ultimi dieci anni la cosa migliore che abbiano realizzato è la cover del classico della PFM, Impressioni di settembre.


Insomma, tre album buoni sono pur sempre un gran numero, sebbene Ho Ucciso Paranoia sia uscito nel…99. Ritornando al confronto precedente, gli Afterhours, senza svalutarsi, hanno fatto uscire Folfiri o Folfox giusto un paio d’anni fa, i Verdena hanno pubblicato gli ottimi due Endekadenz, selezionando tra circa 100 pezzi nuovi pronti, inventandosi di nuovo da capo senza denaturarsi.
E non dimentichiamoci che, nel frattempo, sulla scena, sono apparsi tutti i vari Colapesce, Iosonouncane, Cosmo, Teatro Degli Orrori, eccetera…
I Marlene, in tutto questo, hanno galleggiato per 17 anni, tra tentativi di svolte pop, mal riusciti tentativi di partecipazione a Sanremo, il costante tentativo di riproporre versioni alternative del repertorio dei primi anni e tour pseudoacustici in cui, a fianco all’evidente tentativo di mascherare un esaurimento di assi nella manica, Godano ha impassibilmente mantenuto alta la nomea di intellettuale fatto e finito, poeta-musicista nettamente al di sopra della media, giudizioso e giudicante nei confronti di una società evidentemente impreparata alla portata della sua arte. Le sue dichiarazioni sono tutte altisonanti, il suo comportamento nei confronti degli esponenti della stampa e della radio è sprezzante, altezzoso ed antipatico

 "Parliamo di felicità – Cosa li ha convinti ad affidare a voi la quota rock di Sanremo?"

«Il testo. È un testo che comunica valori di un certo tipo in modo non banale retorica o demagogica. Parla di felicità. Sono insofferente nei riguardi di testi che cavalcano scossoni dell’opinione pubblica, anche perché il tempo raddrizza sempre queste cose, perché passata l’ondata sono testi che vanno nel dimenticatoio. Noi parliamo di qualcosa di universale, collegato al feeling della natura umana. In genere le grandi opere d’arte passano alla storia per sondare aspetti torbidi della persona, e gli aspetti solari lasciano meno l’impronta. Il tormento è più affascinante, forse. Quindi può sorprendere che io mi sia soffermato su questo tema. Ma ero reduce da una lettura affascinate, un libro di un’autrice iraniana Lila Azam Zanganeh, Un incantevole sogno di felicità, un romanzo che analizza l’opera di Nabokov, un autore che amo molto anch’io. E tira fuori il suo tratto poco conosciuto, lui era solare e felice, non burbera come appare nelle interviste. È uno degli autori meno lamentosi della storia della letteratura. Ha la complessità di ragionamento tipica dei russi, ma senza lamento. Lui definiva Dostoevski sentimentale, drammaturgo di quart’ordine. Leggendo mi sono reso conto che potessero essere buoni insegnamenti per mio figlio». 


Cristiano Godano - People, 15 febbraio 2012
.
In tutto questo, l’unica cosa che salva ai Marlene è la reputazione che si sono fatti dal vivo, in cui, pare, siano ineccepibili e mostrino una capacità sopraffina nel destreggiarsi sia tra i pezzi del vecchio repertorio che in quelli melensi degli anni 2000.
Nonostante questo, credo che il passo peggiore della loro carriera è stata la partecipazione di quest'anno all’album tributo ai Radiohead, KO Computer.
La partecipazione agli album tributo è sempre un'arma a doppio taglio, può mettere in luce il lato migliore della band, come fu il caso di Mio fratello è figlio unico per gli Afterhours, o la stessa cover degli stessi Afterhours da parte dei Bachi Da Pietra (Punto G), oppure una scelta suicida, come quando Jovanotti interpretò Il suonatore Jones di De André.


Ok rivisitare i Radiohead, e posso capire che quando ti affidano Karma Police in mezzo a tanti altri nomi della scena italiana significa che si aspettano molto da te, ma Karma Police è uno dei pezzi più difficili da reinterpretare, perché da suonare è una cazzata, ma come Yorke non lo canta nessuno.
Ok anche rivisitare Karma Police mettendo in gioco quelle che sono le armi che fanno il Marlene Sound ma, come dice (ahimé) Agnelli, o quell’altro paraculo di Fedez, a X-Factor, ci sono due modi per rivisitare dei pezzi grandissimi. O cerchi di omaggiare la versione originale, cercando di rimanere il più possibile fedele (come ha fatto Agnelli in concerto con Pagani), oppure la rivisiti completamente. Ma ci vuole criterio.


La rivisitazione di quest’anno da parte dei Marlene dimostra che, a conferma della reputazione che si è guadagnata in questi anni, a Godano il criterio gli manca completamente. La sua versione Karma Police che suona esattamente come una canzone dei primi album dei Marlene. Nei suoni, però, si sente l’esperienza accumulata, ed effettivamente sono perfetti.
Godano canta Yorke con quel modo retorico che è diventato il suo marchio di fabbrica, con un autocompiacimento che rasenta l’autocelebrazione, con l'ottica che, di per sé, dare un tocco Marlene nel mettere le mani su un classico intramontabile sia sufficiente.
Invece è proprio l'arrangiamento che non funziona. Per niente.
Fa cacare.
. È semplicemente brutto e sbagliato. Chiunque se ne accorgerebbe. Chiunque, tranne Godano.
E questo perché, evidentemente, a 17 anni di distanza dal suo ultimo buon contributo alla musica italiana, crede ancora di essere sulla cresta dell'onda, il migliore della scena.


P.S:
Lo so che ci tenevate, allora eccovi IL santino nuovo di zecca da mettere sulla finestra.


sabato 25 novembre 2017

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #5 Manuel Agnelli & Levante

Fino ad adesso abbiamo steso citato tre elementi disillusionanti, nei quali, ad ogni modo, ancora non veniva messa in discussione la dignità o la coerenza della proposta artistica.
Facciamo un recap veloce.
#8 - La rivelazione che i dubbi nutriti per una band formata da amici siano in realtà fondati (The Circle).
#7 - La conferma che uno dei fenomeni musicali più interessanti e da cui ti aspettavi di più lamenti dei seri limiti sia come musicista sia come esecutore (Motta).
#6 L'amara verità che anche il musicista o l'artista più valido di questo mondo non va da nessuna parte senza un po' di fortuna, coincidenze e mezzi appropriati (/handlogic)

Oggi cominciamo a mettere sul piatto dei personaggi le cui scelte hanno messo in discussione la loro integrità artistica (e morale), dividendo il loro pubblico ma generando benefici su una scala più ampia.
Parliamo pertanto de

Le più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #7 Manuel Agnelli e Levante
ossia
"Come vendere l'anima al diavolo per sconfiggerlo"


Sappiamo tutti la storia. Questi sono Manuel Agnelli e Levante in una foto scattata questo mese. Dietro di loro, dipinti dal neon blu degli studi della sede di Milano (?) che mette in risalto la camica-vestaglia di Manuel Agnelli, gli appassionati partecipanti delle finte dirette di X-Factor.
Adesso torniamo indietro di una ventina d'anni.


Siamo nel 1997. è appena uscito Hai Paura Del Buio, pietra miliare del rock alternativo italiano. La creatura di Manuel Agnelli sono gli Afterhours. Assieme ai Verdena, rappresentano la risposta italiana ai Nirvana ed all'esplosione grunge che ha preso piede oltreoceano, in cui, nello stesso periodo, il mercato è letteralmente invaso di musica alternativa. Nello stesso periodo sono usciti l'album omonimo degli Alice In Chains, Down On The Upside dei Soundgarden, Tiny Music... Songs from the Vatican Gift Shop dei Sound Temple Pilots, No Code dei Pearl Jam ed Evil Empire dei Rage Against The Machine.
I primissimi Verdena - non quelli del primo disco - sono di fatto sono la copia sputata dei Nirvana con dei testi italiani messi su a caso, e l'attitudine grunge si riflette sostanzialmente nella produzione low-fi, nell'azzeccata similitudine tra il malessere che può indurre la provincia bergamasca e la periferia di Seattle, e nel fatto che c'è di mezzo l'adolescenza ancora tutta da vivere (Luca, il batterista, all'epoca della demo ha solo 14 anni).


Gli Afterhours, invece, sono già degli adulti (Manuel ha qualche mese in più di Kobain) e la maturità compositiva è dietro l'angolo. La loro proposta musicale non è una istitiva riproduzione copia carbone dei Nirvana, non hanno nemmeno né il timbro vocale né a fisicità adeguata (che è invece il caso dei Verdena). La loro è una rielaborazione del linguaggio grunge, ma in chiave profondamente italiana, con una veste cantaturoiale, un tocco personalissimo negli arrangiamenti e nella produzione, che fa da veicolo ad un messaggio forte: la lotta per la libertà d'espressione, l'insofferenza verso la crescente standardizzazione delle mode giovanili - dimostrando, peraltro, una grande lucidità di previsione - la finale presa di coscienza che l'eredità borghese è una realtà, che i sogni di libertà giovanili sono un grido contro mulini a vento, che dentro il Sistema ci cresci, ci vivi e ci muori, sei parte di esso e delle sue contraddizioni, dei suoi preconcetti.
Eccoli quindi a cantare "Porco Cristo offenditi / C'è una dote che non hai / Non è chiaro se ci sei / Sei borghese arrenditi / gli architetti sono qua / hanno in mano la città", vestiti da bambine, come insegna il buon vecchio Kurt, durante il tour di Hai Paura Del Buio.

Manuel Agnelli si era già fatto vessillo dell'alternative italiano fin dai primi anni 90, quando prese parte al progetto Vox Pop, che produsse Africa Unite, Ritmo Tribale, Prozac + e Casino Royale, tra gli altri) e continuò a farlo per mestiere per anni. Fu uno dei primi a portare questo tipo di discorso musicale dentro alla lingua italiana, con Germi nel 1995. Sua fu la produzione del secondo disco dei Verdena (il primo ad avere dei testi comprensibili, Solo Un Grande Sasso), sua l'idea del Tora Tora!, il nuovo festival alternativo italiano itinerante. Dopo un paio una manciata di buoni dischi, un po' di alti e bassi, un tour in america nei piccoli club, sbuca la prima partecipazione a Sanremo. Anche qui, la band milanese fa da apripista alle altre. Si piazzano penultimi ma vincono il premio della critica. Dopo di loro, ci proveranno anche i Marlene Kuntz ed i Bluvertigo, ma con risultati molto meno incisivi.
Segue un periodo di silenzio da cui la band sembra emergere dalle ceneri con la pubblicazione di Padania ed una stupenda riedizione del 2014 di Hai Paura Del Buio con la partecipazione di un panorama di ospiti internazionali (e nazionali, ovviamente) che conferma la reputazione del gruppo (Afghan Whigs, Mark Lanegan, Nic Cester (Jet) e Damo Suzuki (Can). Dopo un tour nei teatri, che ha portato finalmente all'abbandono del batterista, la band è tornata in formissima con Folfiri e Forflox, un disco che ha confermato il talento compositivo di Agnelli che, allo stesso tempo, ha voluto spiazzare tutti accettando il posto nella guria di X-Factor.


Per Levante, all'anagrafe Claudia Lagona, classe 1987, è sufficiente tornare indietro di cinque anni.


La ritroviamo in questa foto dal sapore spontaneo, 24-25 anni, a mangiarsi le unghie circondata da due elementi ricorrenti nelle case universitarie torinesi: divani vecchi, chitarre ed edizioni illustrate di qualche movimento artistico d'inizio novecento. La foto è stata utilizzata per pubblicizzare la serata Banzai! del giovedì sera presso le Lavanderie Ramone di Torino, organizzata con l'etichetta INRI, con cui Levante ha appena firmato. La cosa interessante è che siamo nel 2012, e la promozione virale del concerto è ancora affidata a terzi, ossia, alla crew di amici video-maker di Esma, che al tempo ancora si contendeva il posto sul podio nel cantautorato torinese.


Con Levante, infatti, il giro si stringe. Probabilmente abbiamo una decina d'amici in comune su facebook, il mio ex bassista ha avuto una relazione lunghissima con sua cugina, nel video di Alfonso compare persino Carola Rovito, cantante dei 10135 (la rosha), il gruppo che io ed i miei amici chiamavamo simpaticamente "diecicentotrentaminchia", non solo per l'incosistenza del nome (v'immaginate se i Litfiba, che sta per "l'italiaFirenzeviade'Bardi, si fossero chiamati 50125?), non solo perché quando comparsero all'inizio facevano assolutamente cagare, ma anche perché Carola non piaceva troppo a nessuno ma ce la volevamo portare a letto tutti lo stesso (detto in termini da bar "la minchia gliela..."avete capito). Uno ce la fece anche. Naturale che le cose andarono diveramente da quanto Esma e la sua crew di "cambiatori di mondo" si prospettassero al tempo. Levante è un'artista. Puoi fare musica di merda, puoi suonare anche Ramazzotti, ma se c'hai quella cosa in più sei un passo avanti agli altri. Basta sentirla parlare per sentire che è una cantante nata. Ha una voce unica ed ha un gran talento compositivo. Riesce a scrivere delle canzoni che suonino classiche e non banali allo stesso tempo, che è una cosa che non ti viene insegnata e che personalmente credo dipenda dalla personalità di chi scrive e non da altro, e riesce a metterci dentro al suo vissuto.
Non da meno, Levante è come il buon pecorino, che migliora stagionando. Basta guardare la meravigliosa trasformazione da Alfonso alla copertina coscialunga dell'ultimo album.



Insomma, un'artista musicale al completo. Brava e pure topa.
Tuttavia, a me sembra evidente, dalle scelte stilistiche che hanno accompagnato la sua carriera in questi tre album, la volontà di insersi sempre di più nel panorama musicale a fianco di Irene Grandi, Carmen Consoli e, ahimé, persino Cristina Amoroso, lasciando da parte quegli aspetti che all'inizio l'avrebbero potuta accomunare, nella fase iniziale della sua carriera, ad una Maria Antonietta.
La salva sempre la qualità inecepibile dei testi. Il discorso è che qui il giro di boa sembra essere già passato da un po', anche se, confrontando la sua carriera con quella di Agnelli, si sarebbe tranquillamente potuto aspettare ancora non dico un decennio, ma almeno un lustro per imporre questo tipo di svolta stilistica.


Levante è e rimane un'artista con del talento straordinario. Anche Carmen Consoli lo è, ma nessuno dei suoi dischi fino ad adesso è riuscito ad appassionarmi. Neanche quello "grunge" (Mediamente Isterica), che trovo troppo levigato, abitutato come sono all'orecchio del "cantautorato" di Agnelli e Ferrari. Consoli è un'artista che è riuscita sì a portare un discorso diverso nel panorama pop italiano, ma che non è mai riuscita ad imporsi sulla produzione (un po' la fine che ha fatto Courtney Barnett negli U.S.A., che è uscita dagli studios con un chitarrista in più e dei booster al posto dei fuzz). La rispetto come musicista, ma i suoi dischi non mi arrivano. Per Levante mi sembra un caso diverso, mi sembra che lei, in questo momento, voglia sperimentare delle sonorità che a me non piacciono che, io, come compositore, non sceglierei semplicemente per un fattore estetico: le trovo brutte.


E qui dal giro di boa si arriva alla linea del traguardo. Eliminata, anzi, Bocciata l'ignorante Arisa, simbolo dell'italianità media,
della cocciutaggine di chi non sa e pretende di saperne più degli altri,
dell'arroganza ignorante  di chi pretende di non solo fare da giudice ad artisti esordienti ma
dell'ignoranza arrogante di chi, davanti a milioni di telespettatori, lo fa (la giudice) non conoscendo nemmeno l'opera degli artisti che sono sulla cresta dell'onda nello stesso preciso momento,
come James Bay
eliminata lei, ecco che c'è un post da giudice vacante.
Bocciato anche Alvaro Soler, che ha dato prova di essere l'ennesimo ragazzo arrivato al successo per l'aspetto e non per il talento, assolutamente inadeguato come guida e mentore artistico, la prima persona in assoluto ad avere vinto il talent con una band ripescata, i Soul System, che è arrivata alla fase live solo grazie al ritiro da parte dei Jarvis. Dopo l'edizione Soler si è criogienizzato, probabilmente verra scongelato la prossima estate per un duetto con Enrique Iglesias.

Ecco che quindi i posti vacanti diventano due.
La Sony-Intesa San Paolo-Sky richiama in formazione la Maionchi, che nel frattempo aveva avviato insieme al buon vecchio Elio l'avventura sorprendente dello Strafactor, un'idea a dir poco brillante, un vero e proprio contest a presa di culo che vede protagonista i candidati più improbabili delle varie edizioni del talent.


Resta quindi da fare una decisione importante. Se mettere il posto vacante nelle mani di un'altra rappresentante dell'italietta, che possa fare il mestiere della casa discografica spingendo avanti candidati vendibili e facilmente sacrificabili, senza assolutamente nulla da dire, che possano di fatto piacere al grande (quello che non capisce un cazzo) o se fare la scommessa su un pubblico giovane e diverso e guadagnarsi una nuova fetta di pubblico. Ecco quindi che entra in gioco Levante, sempre giovane come Soler, ma di tutt'altra caratura.
Perché, diciamocelo, forse è Levante la vera novità della trasmissione.
Agnelli lo era per la reputazione da combattente che si è fatto nel corso della sua carriera, ma non dimentichiamoci che prima di lui c'era nientedimeno di Morgan.


Un personaggio che, per quanto risulti controverso, ha messo in piedi una carriera personale forse addirittura più coerente di quella di Agnelli. In un certo senso ha fatto scelte maggiormente destinate al grande mercato ma, artisticamente parlando, ha rischiato molto di più. Morgan non ha mai fatto uscire un album bello ma pur sempre da atterraggio facile come Padania e coi suoi Bluvertigo ha pubblicato un disco più bello dell'altro, mettendo anche in gioco una competenza musicale che ad Agnelli, e a tanti altri, resta preclusa. Morgan, prima di essere un personaggio o un'artista, è un Musicista con la M maiuscola.


Con Agnelli e Levante in contemporanea, invece, la voce del programma è affidata al 50% alla scena "alternativa" e all'altro 50 è rappresentato dalla big label, dai produttori.

A questo punto diventa difficile soppesare le scelte della coppia.
La loro presenza nel talent, oltre a dimostrare che il pubblico vuole essere stimolato e non solo accontentato, ha spostato l'asse delle discussioni su un altro piano. Le scorse edizioni sono state caratterizzate dalla caccia alla voce fenomeno, adesso personalità e tecnicismi sullo strumento sembrano essere all'ordine del giorno. Mettere in gioco grandi nomi e grandi successi sembra non essere sufficiente a passare il turno (vedi la fine della povera Camille Cabaltera) ed, invece, la scelta di puntare al raccoglimento interiore, senza artici retorici, esprimendosi in italiano, viene puntualmente premiata. Per la prima volta si è persino parlato di scale armoniche. Come nella scorsa edizione Manuel demoliva i vibrati, gli acuti e tutti i tecnicimi eccessivi, in questa sono stati presi di mira la pentatonica di Nigiotti e il dilettantistico tentativo di tapping dei ROS.

(pessima prova, suoni di chitarra inascoltabili)




Immaginatevi il fan di Pausini, Ramazzotti, Vasco e Ligabue che sente improvvisamente parlare di queste cose alla televisione e, non capendo, è costretto a guardarsi due video su internet per capire l'argomento.
"Papà, che cos'è un tapping?" "Non lo so, figliolo, lo sai che dicono cose strane solo per darsi importanza". Ma intanto hanno sentito la parola. Qualcuno indagherà. è già un inizio.

Insomma, si può dire sicuramente che la loro presenza abbia innalzato il livello culturale della trasmissione.
Si può dire, volendo, anche che hanno fatto una scelta importante, che li espone mediaticamente ma che allo stesso dà voce ad un movimento che esiste e che non ha modo di esprimersi: almeno, non con la portata del grande pubblico di X-Factor.
Si tratta del cosiddetto "ritorno del capitalismo":
Io, Mc Donalds, sono cattivo, ma ho visto che posso attirare consumatori se faccio iniziative di beneficienza, allora decido di donare cibo ai negrini con la pancia gonfia. Bum. Una singola donazione del Mc Donalds riesce a coprire un anno di donazioni fatte da un associazione benefica. Poco importa se il direttore generale sia un nazista che la domenica picchia immigrati per sport.
Perché? Perché con un solo gesto fa molto di più di centinaia di militanti, anche di quelli impopolari che passano ogni secondo della loro vita a mettere a giudizio ogni abitudine di familiari, amici e conoscenti. Perché? Perché il Mc Donalds ha delle risorse che una qualsiasi associazione benefica se le scorda.
Questa è anche l'arroganza del capitalismo. Il motivo per cui noi povere formiche non abbiamo potere e troviamo sempre più difficile cambiare il mondo intorno a noi.
Basta la donazione di un singolo filantropo a fare la differenza rispetto a centinaia di migliaia di donatori. Lo stesso vale per la presenza di artisti con il background di Agnelli e Levante a X-Factor.

Ma, allo stesso tempo. non basta.
Non basta che la loro presenza sia lì. Non è nato nessun movimento, per cui la cosa potrebbe essere tranquillamente intesa come una farsa.
Una farsa in cui loro sì, si prenderanno dei bei soldi e si piglieranno le palate di merda come conseguenza della scelta di entrare nel Sistema "cattivo", sì l'avranno fatto anche per noi, per dare voce a noi popolo di musicisti-esordienti senza voce,
però dall'altra parte il gioco continua ad avere le stesse identiche regole.
Poco importa che ci siano Levante, Agnelli o Riccardo Salvini degli Indianizer a fare parte della giuria, la carriera di quegli artisti sarà irrimediabilmente condizionata dalle pesanti condizioni contrattuali imposte dalla Sony, che prevede un contratto da 5 anni o da 5 dischi sulla grande distribuzione - per niente facile da sostenere per un esordiente senza veramente tanti, tanti assi nella manica.
Gli unici che ce l'hanno fatta, fino ad adesso, sono Giusy Ferreri, Marco Carta, Noemi e pochi altri che hanno solo una cosa in comune: fanno della musica vomitevole.

I Soul System, ad esempio, hanno venduto 25mila copie del loro primo singolo, She's Like A Star.
Un risultato a mio giudizio incredibile, sicuramente impensabile per loro prima di partecipare al contest, ma troppo risicato per la posizione da big thing in cui si sono ritrovate dopo la vittoria.
I simpatici Soul System si ritroveranno tra cinque anni senza una lira, prosciugati da condizioni contrattuali che porteranno via anche la parte migliore del loro sogno, e con un età media - e, purtroppo, un colore della pelle, nonostante il forte accento veneto - che renderà assai difficile la possibilità di reinserirsi sul mercato del lavoro.
Il fatto è che il pubblico che segue Agnelli e Levante su X-Factor, come me, non vota.
Non facciamo una gran differenza, e sicuramente non in termini numerici. Finché non arriverà un cambio di paradigma più ampio, che porterà ad una rivoluzione culturale, questi fenomeni isolati rappresenteranno poco più che iniziative di marketing per rinnovare di anno in anno l'interesse per una trasmissione in cui lo scontro ideologico attira l'attenzione.
Agnelli e Levante forse non sono lì per noi.
Forse sono solo lì per dare voce ad un'altra, più profonda ed amara verità:
che come musicisti non si campa, e che un'occasione in TV, per quanto difficile possa sembrare scomoda, è un piccolo passo in più verso la pensione.


mercoledì 22 novembre 2017

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #6 /handlogic

Abbiamo preso di mira i The Circle (#8), piccoli artisti della mistificazione informatica con una carriera che ha marciato intorno ad un paragone col successo dei Coldplay su La Stampa, e Motta (#7), ennesima cospirazione indie, ennesima dimostrazione di una la critica solo presuntamente "di nicchia", che maschera in realtà un ammasso di pecoroni che corrono dietro al fenomeno di turno.
Una critica incapace di soppesare talenti e limiti, incapace di dare un peso specifico alle dichiarazioni degli artisti in questione, perché di Artisti si parla, ed un'artista viene giustificato in quanto tale a dire quello che gli pare (o NO?): insomma, incapace di fare del La Critica.
E critica è quello che stiamo facendo, e quello che stiamo continuando a fare. Qui, ora ed Oggi.
Per cui vi preannunZio che l'articolo di oggi parla di una band che mi piace bensì più di Motta, bensì più della Mia, bensì molto di più di tanta roba che compare sul panorama internazionale ed, anche se in parte mi sento un po' un coglione a scrivere questo articolo, è con questo dolore che mi costringo a chiamare in causa gli

/handlogic
#6 - Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017

ossia
"Come lanciare una carriera grazie ad un caso di omonimia"



Qualcuno ha detto "belli e bravi".
Belli sicuramente- Non in questa foto, d'impatto per ragioni stilistiche ma ne ho viste altre che rendono maggiormente merito ai loro volti.
Però una cosa si può dire. BRAVI.
BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI
anzi forse è più giusto dire
BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI BRAVI

 

Vi chiederete che cosa ci fanno qui. Ma voglio prendermi un po' di tempo prima di arrivare al punto. La mia delusione deriva dal fatto che questo quintetto (ad oggi quartetto a seguito dell'uscita di Vieri Cervelli) è tanto bravo quanto fortunato. Non so se si tratti di sincerità o di sincera invidia, ma io quando avevo 21 anni ero all'apice della mia creatività, ero costantemente sotto esercizio, ed ho avuto una sfiga bestiale che mi ha portato, tra un'amarezza e l'altra, ad aprire anche questo blog. Ora sono sicuramente più consapevole dei miei mezzi, ma fatico a prendere la chitarra in mano la sera, nonostante me lo riprometta ogni giorno da 4 anni a questa parte.
Gli /handlogic sono, invece, esattamente l'opposto, ossia la combinazione fortuita di tre fattori:
Talento, con la T maiuscola
Competenza, con la C due volte maiusCola
Omonimia
Prima di argomentarvi ulteriormente il motivo del mio sconforto, vi voglio dare le motivazioni per cui ritengo che gli /handlogic siano la band italiana dell'anno (e, fidatevi, questo non contraddice la loro presenza in questo lotto).
Ecco i miei motivi per cui li ritengo la band dell'anno:
1) hanno pubblicato un EP d'esordio che, per ricalcare pari pari le parole di Carlo Pastore (Radio 2) è "Pazzesco". E sotto ogni punto di vista. Impeccabile. Dala scelta musicale alle strutture armoniche, dal lavoro di cesello sulla pulizia del suono al format innevato che richiama le stesse "icy vocals" che il gruppo rivendica come tratto peculiare.

2) Si tratta, per la prima volta, di un gruppo che ha messo sul piatto una proposta musicale così credibile, così impeccabile, che la critica non ha potuto fare immediatamente a meno di inchinarsi e non c'è stato meccanismo di "gavetta" o "raccomandazione" - su cui questo Paese sembra, purtroppo, fondarsi - che abbia potuto confinare il fenomeno. Gli /handlogic, hanno, per così dire, piegato il Sistema. è in assoluto il primo caso di cui abbia sentito parlare in cui il pubblico, inclusi gli amici stessi della band, partecipi al concerto perché incuriosito dall'affollamento mediatico dovuto ad una critica musicale in estasi, pur mostrando una non indifferente difficoltà a comprendere la proposta musicale, che di per sé, è tutt'altro che semplice o scontata. Il pubblico, pertanto, è costretto, per così dire, a fare uno sforzo di ascolto, che è un meccanismo che, nella stragrande maggioranza dei casi, non s'innesca mai: una vera manna, per questo Paese!
  Non da meno, un miracolo per una regione musicalmente (e culturalmente, ahimé) chiusa come la Toscana, dove pullulano le cover band, dove persino al Jazz Fringe Festival di Firenze il compito di aprire è stato attribuito ad una fanfara - rigorosamente composta da musicisti locali - che tra una strizzatina d'occhio e l'altra al pubblico si è messa persino a suonare il tema di Despacito (chi c'era se lo ricorderà ridendo, ma io dentro piangevo...)

3) Sono la prima band a cui io devo inchinarmi personalmente, nonostante in questo blog abbia precedentemente guardato dall'alto in basso anche gente considerata ormai un Mostro Sacro (come lo stesso Motta), perché mettono in gioco una conoscenza musicale che non mi appartiene. Fanno un discorso musicale che, in parte, stento a comprendere. Si tratta di una generazione giovane e fresca (mi sembra del '96) che, a fianco ad una conoscenza delle migliori novità in campo di elettronica (e sì facciamo di nuovo i nomi di Thom Yorke e degli Alt J), RNB (James Blake) e rap (Kendrick Lamar su tutti), affianca un'invidiabile preparazione che comprende la formazione classica, l'accademismo di stampo jazz, la passione per il prog-rock degli anni 70 e per le armonie vocali di stampo folk americano. Di fronte a questo tipo di armi, non posso ritrovarmi che spiazzato, perché questi ragazzi hanno degli strumenti che non mi appartengono, e probabilmente non mi apparterrano mai.

 

4) Sono la prima band italiana "nerd", che mette su un piatto un fenomeno globale, quello dell'attitudine di comporre la musica a partire dal computer, portandola solo in fase successiva in sala, che è diffuso in tutto il globo e che forse finora in Italia - produttori e musica elettronica a parte - è rappresentata forse solo da Iosonouncane. La differenza, però, è che Iosonouncane è un "attempato" spippolatore, appassionato più che musicista, e per nulla florido, dal momento che ha messo al mondo 2 ep in più di cinque anni di carriera, mentre questi sono già dei professionisti ed ancora non lo sanno. Per "nerd" si intende inoltre quella dimensione da fissati, appassionati-ossessionati della musica, per le armonie, da cui nasce la meticolosità nel delineare le sequenze armoniche e la cura del dettaglio che contraddistingue la band, anche nel nome ("hand", mano, e "logic", logica).

5) Gli /handlogic sono una band che nasce a tavolino, dalla volontà di mettere il cervello al primo posto, anzi, prima della composizione, così da non avere d'impaccio l'istinto, il grido, il latrato interiore che può anche ostacolare la lucidità necessaria alla composizione stessa. Questo aspetto, pur rimanendo una ben ponderata scelta artistica, forse rappresenta il loro limite, ma potrebbe anche trasformarsi in un pregio in futuro, se gli /handlogic decidessero di colpo di uscire dai loro schemi e ci travolgessero un'altra volta, scombinando completamente le carte.
Ciononostante, è evidente che sia stata proprio la volontà di tagliare tutte le idee di troppo, di semplificare, di ridurre tutto ad una dimensione minimale a rendere il loro EP un piccolo capolavoro. Solo questo approccio - Mogwai ed Alt J insegnano - può permettere di trasformare delle idee complesse in idee "apparentemente" semplici, a conferire personalità inedita, a creare giochi di rimandi che "oltrepassano" la trama musicale stessa.

 

6) Sono una band volutamente anticommerciale in quanto nella stesura compositiva c'è un evidente intenzione di imprimere ritornelli non cantabili, difficili da assimilare e ricordare, che richiamano ai fraseggi jazz nei passaggi di armonia modale.
Ora, se non ci credete, provate a canticchiare il ritornello di Earplugs.


Ma dove sta, quindi, la delusione?
La delusione sta nel fatto che tutto questo, tutto questa bellissima creazione, questa piccola Opera D'Arte, nasce da quella che potremmo chiamare affettuosamente una "bugia bianca".

Alcuni di voi sapranno che facebook permette di modificare il nome ad una pagina una volta. Una volta sola. In questo modo, se un progetto cambia improvvisamente nome, non c'è bisogno di creare da capo la pagina, di mettersi sotto a pregare gli amici di mettere i like, eccetera.
Lo stesso capitò agli /handlogic, che all'epoca del cambio del nome, avevano circa 20mila fans (più o meno quasi il doppio di quelli attuali). Mi ricordo che rimasi alquanto sorpreso dalla cosa. Va bene che hanno vinto il Rock Contest, ma non stiamo mica parlando dell'esposizione mediatica di X-Factor? Questi sono nati ieri! Così mi rivolsi ad una persona vicina al gruppo da anni e mi spiegò che la band aveva appena cambiato nome alla pagina invece che crearne una nuova, perché quella vecchia, per via di un fortuito caso di omonimia con una band famosa in sudamerica, abbondava di fan. Insomma, un giochino innocuo.
Ad oggi, infatti, la pagina del gruppo ha circa 13mila fans. Si può dire che sia un po' anomalo che una band, mano mano che ottiene il successo nel proprio paese, veda dimezzarsi il numero di fan su facebook.
Tuttavia, come i The Circle ben sapevano (dal momento che ci hanno vissuto sopra), i like contano tantissimo. Altrimenti, se solo la critica avrebbe importanza, e io non starei a scrivere su un blog di merda, ma probabilmente sarei stipendiato da una rivista di genere e nel fine settimana farei ancora il musicista con la mia vecchia band, gli /handlogic suonerebbero in TV e sarebbero già ospiti al festival di Glanstonsbury, Rovazzi continuerebbe ad essere uno dei tanti minchioni del web, di Bello Figo non sentirebbe parlare nessuno e non ci sarebbero mai stati Berlusconi, né Mussolini, né Trump di sorta.
Però non avevo considerato questo.
Gli /handlogic vengono fuori, ancora prima del Rock Contest, come vincitori del concorso 100 band. Mi ero chiesto, infatti, come avesse fatto una band senza etichetta, senza disco, senza praticamente nulla, con una semplice descrizione del proprio progetto, ad ottenere i 5000€ messi in palio dalla regione Toscana. Insomma, non è che 5000€ te li smollo per niente.
Il punto è che puoi avere anche un sogno, ma se non hai i mezzi per realizzarlo, non vai da nessuna parte. Cosa sarebbe stato di Steve Jobs senza qualcuno che finanziasse le sue idee?
Nel caso degli /handlogic, è stata la fortuita coincidenza del nome della vecchia band a dare la spintarella necessaria. La regione Toscana ha visto dei numeri alti, anzi, clamorosamente alti, ed ha pensato che valesse la pena investire.
  Grazie al finanziamento, la band è entrata in un circolo virtuoso. Ha potuto realizzare il disco, su cui ha gestito le proprie carte impeccabilmente, concentrando tutti gli sforzi su solo 4 pezzi anziché rischiare la carta dell'album lungo a rischio effetto noia. Si è messa in contatto con The Factory Prd. che messo al servizio una crew professionale per la realizzazione del video promozionale di Arles. Inoltre, si è fatta un ufficio stampa. Questo ha permesso di arrivare al Rock Contest in gran forma e col migliore biglietto di presentazione possibile.
Fermo restando che non saprei indicare una, anzi mezza persona più indicata al mondo per avere questo tipo di spintarella che Lorenzo Pellegrini, questo non toglie che una botta di culo rimanga una botta di culo.
Dove sarebbero gli /handlogic oggi, senza i mezzi per produrre un buon disco, senza un ufficio stampa, un manager, un booking?
A cercare i soldi per realizzare il disco in uno studio un po' più economico.
Ad averlo realizzato con economia di mezzi, ritrovandosi davanti una critica meno entusiastica che li avrebbe confinati nel giro dei pub di provincia, a suonare musica improponibile per il pubblico ignorante che si aspettava la cover band di Vasco.
Sotto la pressione costante di genitori che li vorrebbero probabilmente a destinare le loro energie nello studio e nel lavoro, anziché dissiparsi in passatempi che mettono in testa stranee idee.
O forse no, mi sbaglio, forse ce l'avrebbero fatta ugualmente. Lorenzo aveva già partecipato alla finale del Rock Contest...a soli 15 anni! In un modo e nell'altro sarebbe uscito comunque.
Quel che è certo è che non sarebbero già dove sono adesso.
Non dico cazzate.


All'epoca che uscì questa foto, ossia a dicembre dell'anno scorso, subito dopo la vittoria al Rock Contest, mi resi subito conto che il numero dei fan della band era intorno ai 26mila, così utilizzai un software esterno per verificare quanti fossero effettivamente i fan italiani, e mi resi conto che era una percentuale circa dell'8%. Potete verificarlo anche voi, basta andare su fbcheck.com.
Ad oggi i fan sono circa 13mila, e lo zoccolo italiano è di 3008, una percentuale che rimane comunque ancora inferiore al 25%.  Più probabile, sicuramente, ma non abbastanza per una band che non ha ancora messo piede fuori dallo stivale, e non ha ancora avuto un grosso exploit internazionale.
Sono sicuro, tuttavia, che un tour inglese potrebbe andare in porto.


Questa non è gente che compra i like. Questa è gente che si esprime innanzitutto con la musica.
In fondo, alla fine la vita è un po' così. Sono solo forse io che non riesco ad accettare l'idea che senza un po' di fortuna i sogni s'inabissano. Questa è la mia delusione. E meno male che, ogni tanto, le botte di fortuna succedono anche a quelli che se le meritano.


Porca puttana. Sono pure simpatici.