lunedì 13 novembre 2017

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #7 Motta

La scorsa settimana parlavamo dei The Circle, oggi prendiamo di mira Francesco Motta, classe 1986, autore del disco "La Fine Dei Vent'Anni", che si è imposto sulla scena indie italiana alla fine dell'anno passato.

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #7 Motta

ossia

"Come il Ranocchio è diventato Principe"


 "Sarebbe bello finire così
Lasciare tutto e godersi l'inganno
Ogni volta
la magia della noia
Del tempo che passa la felicità"

Motta - Del Tempo Che Passa La Felicità

Premetto che non ho molto da ridire su questo disco. Mi piace. Ha qualche difetto, ma l'ho apprezzato molto e l'ho ascoltato parecchio dalla sua pubblicazione.
Quando ho ascoltato Del Tempo Che Passa La Felicità per la prima volta ero entusiasta, ho subito pensato di avere a che fare la canzone italiana migliore del 2016. Finalmente gli Zen Circus senza la musica degli Zen Circus! Un disco intero che fin dalla copertina rappresenta una presa di posizione forte e chiara: questo sono io, Francesco Motta, trent'anni dietro l'angolo, ho le mie cose da dire, da vomitarvi addosso e ci metto la faccia, coi miei spigoli, le mie insicurezze, il mio talento. Il caso ha voluto che uscissi fuori solo adesso, a due passi dall'età adulta.
Motta ha la faccia del ragazzo qualunque, ma halle spalle un'esperienza con un gruppo indie-new wave, i Criminal Jokers, ed una preziosa collaborazione con un mostro sacro per la musica italiana come Nada


Ha registrato un ottimo album, in cui ha messo insieme la manciata di buone canzoni che ha partorito negli ultimi cinque-otto anni. Neanche troppe, a dire il vero, vista la nota difficoltà a coprire la durata di un'ora e mezzo generalmente richiesto da un'esibizione a pagamento. Durante il tour, terminato ad Aprile, il cantante ha mostrato l'abitudine ad indulgere fin troppo nella presentazione dei pezzi, a fare costante ricorso al ringraziamento all'onnipresente produttore-compositore-amico Riccardo Senigallia, ed ad attingere al repertorio dei Criminal Jokers.
Motta è stato costantemente dipinto come l'artista a tutto tondo. Autore delle musiche e dei testi, polistrumentista. Spesso però si è dimenticato di fare notare che accanto al suo indubbio talento compositivo, dal punto di vista tecnica rimanga ancora relegato ad una dimensione dimensione amatoriale: canta discretamente, con una voce squillante, suona delle linee di batteria semplici ed essenziali, ma funzionali, e strimpella accordi da spaggia, per lo più su una chitarra classica. Sin dal momento dal momento dell'uscita dell'album, visto il responso di critica e l'appoggio di Senigallia, Motta è diventato improvvisamente una celebrità indie, è diventato improvvisamente bravissimo, un Maestro, un punto di riferimento per l'intera scena nazionale. Mi ricorda un po' la parabola di Calcutta (quello, però, non sa suonare proprio!)


Dietro all'intenzione artistica, a mio giudizio ineccepibile, di partorire un album variegato, con uno sguardo attento a quello che succede intorno al mondo (si ascolti Roma Stasera a questo proposito) e con dei testi personali ma ad universale, col costante riferimento al tema del passaggio alla maturità ("È la paura di invecchiare/ Di perdere i capelli/ E di dovere stare bene" - Prima O Poi Ci Passerà), con tutte le ansie e le preoccupazioni che ne derivano, se ne cela un'altra, ben visibile sopra ed al di fuori dal palcoscenico, della trasformazione da outsider ad autore riconosciuto ed affermato. Il ranocchio Francesco diventa il principe Motta, e non vuole certo che la sua corte si risparmi dall'adularlo.
Chi non vorrebbe potersi permettere di entrare nell'Olimpo dei "bravoni", essere un punto di riferimento per una generazione di musicisti esordienti, e dare finalmente una ripassata a tutte le universitarie che prima non te la davano.
Ecco allora che subito dopo l'uscita del disco sbuca il video de La Fine Dei Vent'Anni, una vera e propria dichiarazione d'intenti, che ritrae il Principe Ranocchio in un bell'appartamento romano, circondato da giovani medioborghesi, in cui le coppie più belle si fanno massaggi e bevono vino, e Cesco che è quello un po' artistoide si prende un minutino per fumarsi una sigaretta da solo sul balcone, è lui che ha dato la festa, è lui che finisce a letto con una La Fica Di Vent'Anni col culo da dieci. Questa nel video non sembra volersi svegliare per la cavalcatina della buona notte, ma anche questa è scena, perché alla fine di questi tempi non sei sul pezzo se non fai un po' il finto modesto..


Ecco che coi primi responsi di critica, i primi fan che dicono "ehi, ma sta roba non è cuore-amore", si instaura anche un meccanismo, tipicamente italiano, che è il cosiddetto effetto pecora. Beeeeeeeeeeeeeeeeeee. Motta è improvvisamente sulla bocca di tutti, e quindi se prima non se la inculava nessuno, ora tutti lo vogliono per un intervista, tutti lo vogliono andare a sentire.
Ecco che quelli di Ondarock, che avevano deciso di dare un politico 6,5 all'impegno del Nostro, seppur relegando la recensione all'interno della rubrica "Dieci Piccoli Italiani", che non è ritrovabile direttamente nell'archivio recensioni del sito, improvvisamente ci ripensano e decidono di pubblicare una seconda recensione in cui tra toni entusiastici gli piazzano un bell'8.  Beeeeeeeeeeeeeee! Poco importa se i vecchi video dei Criminal Jokers stentino ancora a raggiungere le 300 visualizzazioni (fate una ricerca). Il meccanismo è ormai innescato e parte dalle città-paesoni del Centro. Armate di provincialotte flanellate, da Figline Valdarno fino a Gubbio, corrono a riempire gli Auditorium sulle loro All-Star senza macchie, vengono pure i ventitreenni che vanno ancora ai concerti dei Green Day e, forse, qualcheduno che non andava ad un concerto dall'ultima esibizione di Vasco o di Grignani. A questo punto spuntano anche le prime cover youtuber guasi-ventenni, con i volti da fata, i loro occhi di ghiaccio, i loro accordi fuori tempo e le loro voci stonate, ma non alla detta degli allupatissimi commentatori, che fanno schizzare le visualizzazioni fin sopra a quelle dei video dei Criminal Jokers. E quando qualcuno ti imita, sei già diventato famoso.
Da qui alle sparate gratuite il passo è stato assai breve.
Personaggi autorevoli di riviste di rilievo, troppo impegnate a scaldare le poltrone per accorgersi del fervore musicale che si accende nelle bettole e nei festival piccoli da una decina d'anni, non si sono certo risparmiati frasi del tipo "Motta è una delle cose migliori che sia mai successa alla scena italiana" (non riesco a trovare la citazione esatta, perdonatemi). E si arriva al pienone alla Flog, con Motta ospite speciale del Rock Contest, l'evento delle band emergenti come eccellenza, a suggellare il suo passaggio da esordiente a Grande Mentore. L'effetto cascata porta persino al sold out all'Alcatraz di Milano: è qui che si arriva al peggio e non si torna più indietro.
Cominciano le interviste, e l'autore-Mentore, tra un gracidio ed una grappina, vola bassissimo: "Ho capito che le mie canzoni erano molto più importanti di me". Ma non dimentichiamoci dell'intervista a Rolling Stone in cui Motta descriveva le peculiarità dei suoi pezzi "Questa non è stata registrata con il La standard a 400 Htz", "questa l'ho registrata anni prima a casa in una stanza, si sente il rumore di una mia amica che lava i piatti dietro".

Il punto è che a me non me ne frega un cazzo se Motta si è montato la testa. Ho smesso di scrivere per prendere di mira gli atteggiamenti da prima donna delle indiestar italiane. L'italiano è egocentrico per sua natura, a quanto pare, e spaccone senza limite.
Resta però il fatto che se un musicista affermato fa delle constatazioni tecniche di questo tipo davanti ad una rivista importante, viene da chiederci se ci sia o ci faccia. Apparte l'urgenza, di per sé anche comprensibile, di voler spiegare il giochino, la pensata ganza, e vedersela pubblicata sui giornali, è la totale non consapevolezza delle sue minchiate a metterlo in ridicolo. Tralasciando il fatto che il nostro orecchio non permette di riconoscere una differenza di 5hz (a meno che Motta non stesse scrivendo musica per i cani - sempre meglio che per le pecore)...ve lo immaginate Steven Wilson che si mette a spiegare che la seconda strofa è in 13/16?


 Eppure Motta arriva persino a dichiarare: "Il ritornello ha un’accordatura standard con il La a 440hz, la strofa invece no" - Rolling Stones, 18 marzo 2017.
Ma vi rendete conto? Chi mai è così stupido da venire a raccontarvi che ha montato in una canzone due take in cui la chitarra era accordata in modo differente? Questa è la violazione della primissima regola dello studio: gli strumenti devono essere accordati dall'inizio alla fine del pezzo. Una differenza di 5hz è la definizione fisica di una chitarra scordata. Mannaggia, France', pensa che noi non ce n'eravamo praticamente accorti. Come non ce n'eravamo accorti che i pezzi non sono accordati col La naturale. Non se n'è accorto nessuno, perché ad una differenza di 5hz a nessuno glien'è mai fregato un cazzo.
Il punto è che, France', ora che me lo fai notare, l'effetto collage di Del Tempo Che Passa La Felicità si sente. Mannaggia, m'hai rovinato l'ascolto. Adesso mi accorgo pure che la coda del ritornello si ripete...tre volte? Come se aveste attaccato un giro prima. Cazzo, ma neanche i Nirvana di Incesticide! Anche Roma Stasera ha un buco strumentale dentro al ritornello. Spezza tutto il tiro. Sei lì che te lo canti...e poi aspetti che arrivi la parte dopo, ma non arriva.
Mannaggia France', ti sei tirato la zappa sui piedi da solo.
Ed a sto punto tanto vale fare il pignolo e sottolineare le altre cose che non vanno. Ci saranno sì quei 4-5 pezzi di gran qualità (e non è poco, di solito in un disco riuscito ne bastano un paio), ma mi rendo conto che ci sono alcuni riempitivi non hanno proprio senso. La canzone Mio padre era comunista su tutte. Titolo ketchy, melodia rubata pari pari da un collage del repertorio di Manu Chao dai Mano Negra in poi, ma tutt'altro che una composizione politicamente impegnata, è una canzone scritta e costruita per dare forma al concetto "l'amore è aspettare insieme la fine dei propri giorni". Che poi, è anche una bella frase. Una bella banalità-verità, ma pur sempre bella. Peccato che per arrivare a quella frase la canzone ci ruoti intorno per minuti, limitandosi al puro descrittivismo con una spudoratezza alla quale forse non è arrivato nemmeno il campione del genere, Niccolò Contessa. "Mia madre era bellissima/Le piace fare grandi passeggiate/Dice che un figlio un giorno lo farò/ Ed io l'ascolto sempre/Perché mi piace la sua voce".
Ecchecazzo.
Caspita, devo essere proprio un coglione, se penso a tutto il tempo che ho perso per mettere in rima i miei pensieri e a farli entrare dentro alla metrica dei riff del mio chitarrista. Per poi andarli a suonare il lunedì sera in un pub di Calenzano mezzo vuoto con avventori distratti.
Ora provo anche io, Francesco.
Facciamo A-/A-/G/A-/E, nessun rivolto, posizione da accordo reggae, ritmica stoppata in levare:
"A Luisa piaceva la salsa al tartufo/ma era rimasta senza soldi/così è andata all'iperCoop/oggi ha comprato il sugo di noci".
Ecco, signori, non è difficile.
...
Scusate, mi suonano alla porta. Ora che ho scritto questi versi in cui si può rispecchiare qualsiasi studente squattrinato c'è un esercito di hipsterine alla porta che vuole succhiarmi l'uccello.
Nel frattempo, constatate di persona:


....
...
...
Ok, eccomi di ritorno.
Dunque, dicevo, siccome sono pragmatico ed empirista, quando c'avevo il momento fan di Motta me lo sono andato a sentire. Ed è in quel momento che mi è crollato.
Il punto è che mi sono annoiato. Motta non ha la carica di Appino.
Il confronto con lui, d'altronde, è inevitabile. Son tutt'e due di Pisa, parlano entrambi del mal di vivere e del provincialismo. Motta scrive della musica più peculiare, più variegata, più forse sentita da lui stesso, ma i testi di Appino, a confronto, lo fanno sembrare un dilettante. Me ne sono accorto quando ho messo per caso delle canzoni degli Zen in una playlist subito dopo l'album La Fine Dei Vent'Anni. Provate a sentire Viva, o anche solo Figlio Di Puttana, e poi sentite una qualsiasi canzone di Motta e lo constaterete voi stessi. Nella dimensione live degli Zen Circus, poi, ci sono gli altri due, c'è UFO, e c'è il batterista che suona in piedi il grattavestiti. Ti fogano, quasi ti dimentichi che stai sentendo gli stessi tre accordi da un'ora, ma Motta suona con dei collaboratori, basicamente, ed è troppo ranocchietto, la sua fisicità, il suo modo impacciato di gestire il palco, mi comunicano la sua insicurezza, più che la voglia di divertirsi e lasciarsi tutto alle spalle. Anche il suo modo di suonare quella batteria minimale in piedi, peculiarità dei Jokers, da quando ha un batterista sembra più una pretesa per rimanere confinato dietro allo strumento ed evitare la responsabilità da frontman. Last but not least, a differenza degli Zen, nelle canzoni di Motta ci sono parti di chitarra da due accordi su cui c'è un tema melodico di chitarra, a volte arpeggiato (tipo La Fine Dei Vent'Anni) che vengono tenuti all'infinito, senza nessuna variazione. Ed, ultimissimo, i cori. I cori non sono arrangiati. Quella roba figa che si sente su disco, tuttalpiù dal vivo si traduce in un tentativo di falsetto malriuscito. Anche qui, la regola di base per passare le selezioni dei concorsi musicali di provincia è: se il coro non ti riesce dal vivo, semplicemente non farlo. Se una cosa non ti viene difficile, allora falla semplice. Sempre meglio che sbagliare. Qui sta la differenza tra l'amatore e quello che lo fa di mestiere. Ma qui, caro Motta, non siamo al PagellaNonSoloRock o ad Emergenza Festival, qui si gioca in serie A. Quando hai 8 su Ondarock (lo stesso voto di The Raven That Refuses To Sing di Steven Wilson) è normale che il tuo pubblico si aspetti qualcosa. Fare affidamento sull'ignoranza di chi è abituato a pessimi interpreti, o all'arroganza intellettualoide di chi trovaa una giustificazione addirittura "ideologica" e traduce "una pessima esibizione" in "ricerca di immediatezza espressiva" (il cosiddetto "effetto Stato Sociale/Calcutta") non basta.
Anche perché, quando giochi in serie A, può capitare che ci siano migliaia di persone a sentirti.
Potrebbe il momento migliore per tenersi stretto il proprio trono, oppure fare la figura dell'idiota, cambiando improvvisamente registro vocale a metà di una strofa, facendo capire a tutti che c'è un problema tecnico, o che ti sei reso conto che stavi cantando male.
Come al Primo Maggio.



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