venerdì 19 settembre 2014

Hack #2 - Motorpsycho - The Wheel (live at Konisberg JazzFestival, 1995)

Roadwork Vol.2: A MotorSource Massacre: Ma che bella sorpresa, questo CD!
Non so se vi sia mai capitato di assistere ad un concerto dei Motorpsycho, ma è un'esperienza incredibile e da non perdere.
Quest'anno la band norvegese ha fatto puntualmente data in Italia all'Hiroshima di Torino (potete trovare la recensione e la tracklist a questo link) ed ho potuto constatare come, effettivamente, al giorno d'oggi la band rappresenti una delle macchine da concerti più efficaci in circolazione.
I Motorpsycho, se non li conoscete, sono una band con ormai alle spalle 25 anni di carriera che suona con l'energia di una band di venticinquenni.
 Il loro sound si è evoluto nel tempo (va anche detto che nei primi album le carenze tecniche erano evidenti: se non ci credete andatevi a sentire Demon Box, l'album che li ha resi famosi in Europa ventun'anni orsono), per quanto sembri che la band, ultimamente, preferisca crogiolarsi su lidi già battuti (si ascolti Hell per farsi un'idea) piuttosto che fare passi falsi su territori sperimentali.
Del resto, dopo 25 anni di fottuta carriera, puoi anche permetterti di fare quel che cazzo ti pare.

L'aspetto interessante della discografia dei Motorpsycho è che è piena di piccole sorprese: un fottio di Ep, esperimenti country, divagazioni post-rock, hard rock becerissimo, canzoni acustiche a go go ed esperimenti con orchestre jazz.
Ed è proprio su questo punto che mi soffermo:
cosa succederebbe se mettessimo insieme una rock band coi controcoglioni con un'orchestra jazz?
Il risultato è di una bellezza sconcertante. Avete presente quei pezzi psichedelici bellissimi ed estremamente ripetitivi che vanno avanti per venti minuti? 
Ora immaginatevi di poter prendere un sassofonista, di buttarlo sul palco verso il decimo minuto - quando si comincia ad avvertire un poco di stanchezza nell'ascolto - e di dirgli: fai quel che cazzo ti pare, hai tutto il tempo che vuoi, anzi: portati dietro anche i tuoi amici sballoni che suonano le trombe e gli altri ottoni.
Bisogna averci la testa per poter prestare la propria musica a simili iniziative. Prima di tutto, è necessaria la modestia di mettere da parte il ruolo macho di rockstar per cedere la prima linea a dei musicisti di professione, e questa modestia i Motorpsycho ce l'hanno.
Il risultato, ripeto, è sconcertante: io credo che sia uno dei tentativi più riusciti ad avvicinarsi al divino dai tempi di In A Silent Way.
Senza Eroina.


Se ritenete la proposta interessante, non perdetevi neanche In The Fishtank 10, con la Jaga Jazzist Horns.

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