lunedì 4 dicembre 2017

Le otto più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 - #4 Marlene Kuntz



Ebbene sì, eccoci qui ad entrare finalmente nella parte alta (cioè bassa, ahimé) della classifica delle 8 formazioni italiane più deludenti di questo 2017.
Riassumendo brevemente, abbiamo parlato
dei The Circle (#8) – dubbi confermati, artisti della mistificazione informatica
di Motta (#7) – fenomeno della porta accanto con lacune tecniche evidenti,
degli /handlogic (#6) – talento incredibile, ma esploso solo grazie ad un incredibile caso di omonimia
 e della coppia Agnelli/Levante (#5) – eroi indie trasformati in fenomeni da palinsesto.
Oggi però entriamo in un altro regime, quello delle delusioni vere, spietate, in cui il perdono e l’empatia vengono messe da parte di fronte alle spiazzante scelte degli artisti, o dei presunti tali.
Parliamo pertanto de

Le più grandi delusioni musicali italiane di questo 2017 – Marlene Kuntz (#4)
ossia
come costruire una carriera dal talento all’antipatia, senza necessariamente passare dal successo”


"Nel disco "Canzoni per un figlio" hai detto che hai scritto le canzoni con l'intento di tramandare dei valori ad un figlio. Si può dire che, in questo senso, le canzoni siano venute a te o sei stato più tu a venire dalle canzoni?"
"Credi di essere tanto intelligente facendomi una domanda di questo tipo?"

Cristiano Godano, intervista per una web radio fiorentina, 2012

Premetto. Non sono io l'intervistatore, non ho mai conosciuto Godano di persona. O San Godano, come lo chiamiamo tra di noi.
Voglio cominciare così, cercando di essere delicatissimo.
Cristiano Godano è una testa di cazzo. Meriterebbe che qualcuno gli fracassasse la testa.
Meriterebbe di ritrovarsi tra le mani di una venticinquenne che fa finta di rimorchiarlo, lo porta in bagno, gli chiede di slacciarsi i pantaloni e poi accende improvvisamente le luci e lui si ritrova lì, col cazzo moscio in mano, circondato da ragazze bellissime che lo sbeffeggiano per il suo piccolo pene floscio, qualcuna al grido di "pervertito".
I Marlene Kuntz erano un gruppo fichissimo. Fichissima la genesi, fichissimo il nome (un gruppo italiano che fa eco agli Einsturzende Neubaten? Ed io che credevo di essere gli unici a conoscerli…) soprattutto per averlo tirato fuori prima dell’età dell’arroganza hipster – o dovrei dire dell'arrogantismo, la corrente di pensiero dei 2010 – in cui tirare fuori riferimenti di nicchia è diventato di moda.
Un nome tirato fuori agli inizi degli anni 90 in un Italia cui, comunque, il mondo guardava ai Nirvana ed agli Alice In Chains, mica ai Sonic Youth seppur fossero una costola fondamentale, se non i padri indiscussi, del movimento che aveva preso piede oltreoceano.
I Marlene Kuntz erano così fichi che, quando ancora non erano nessuno, un loro demo contenente la canzone Lieve, che sarebbe poi servito per la realizzazione di di Catartica, fece innamorare Giovanni Lindo Ferretti, al tempo forse la persona più influente sulla scena alternativa italiana. Fu proprio Ferretti ad insistere per l’inserzione di Lieve nel primo album dal vivo dei CSI, per non far sì che i Marlene non escludessero il pezzo dal primo disco, come avevano invece intenzione di fare.


 I Marlene, per ragioni sia storiche, che di genere, che per la loro collocazione nella scena alternativa italiana, possono essere utilmente paragonati agli Afterhours. Più estremi in tutti i sensi.
Più estremi nelle scelte musicali, nelle canzoni più complesse e respingenti come nei tentativi pop, più brillanti nelle scelte azzeccate, improponibili in quelle mancate.
A differenza degli Afterhours, che tutto sommato hanno sempre mantenuto un buon livello medio compositivo, si può dire che i Marlene in tutta la loro discografia abbiano realizzato 3 album ottimi, ed un live indimenticabile: Catartica, Il Vile, Ho Ucciso Paranoia e HUP: Live In Catharsis.
Poi, il Nulla.
Una raccoltina con due rivistazioni (Cometa), quattro album di merda, un best of, una vago sussulto di vita con Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini, un'altra rivisitazione dei vecchi successi ed il canto del cigno con Pansonica, che con la scusa dei vent'anni di Catartica ne riproponeva il sound e la grinta. Si può dire che negli ultimi dieci anni la cosa migliore che abbiano realizzato è la cover del classico della PFM, Impressioni di settembre.


Insomma, tre album buoni sono pur sempre un gran numero, sebbene Ho Ucciso Paranoia sia uscito nel…99. Ritornando al confronto precedente, gli Afterhours, senza svalutarsi, hanno fatto uscire Folfiri o Folfox giusto un paio d’anni fa, i Verdena hanno pubblicato gli ottimi due Endekadenz, selezionando tra circa 100 pezzi nuovi pronti, inventandosi di nuovo da capo senza denaturarsi.
E non dimentichiamoci che, nel frattempo, sulla scena, sono apparsi tutti i vari Colapesce, Iosonouncane, Cosmo, Teatro Degli Orrori, eccetera…
I Marlene, in tutto questo, hanno galleggiato per 17 anni, tra tentativi di svolte pop, mal riusciti tentativi di partecipazione a Sanremo, il costante tentativo di riproporre versioni alternative del repertorio dei primi anni e tour pseudoacustici in cui, a fianco all’evidente tentativo di mascherare un esaurimento di assi nella manica, Godano ha impassibilmente mantenuto alta la nomea di intellettuale fatto e finito, poeta-musicista nettamente al di sopra della media, giudizioso e giudicante nei confronti di una società evidentemente impreparata alla portata della sua arte. Le sue dichiarazioni sono tutte altisonanti, il suo comportamento nei confronti degli esponenti della stampa e della radio è sprezzante, altezzoso ed antipatico

 "Parliamo di felicità – Cosa li ha convinti ad affidare a voi la quota rock di Sanremo?"

«Il testo. È un testo che comunica valori di un certo tipo in modo non banale retorica o demagogica. Parla di felicità. Sono insofferente nei riguardi di testi che cavalcano scossoni dell’opinione pubblica, anche perché il tempo raddrizza sempre queste cose, perché passata l’ondata sono testi che vanno nel dimenticatoio. Noi parliamo di qualcosa di universale, collegato al feeling della natura umana. In genere le grandi opere d’arte passano alla storia per sondare aspetti torbidi della persona, e gli aspetti solari lasciano meno l’impronta. Il tormento è più affascinante, forse. Quindi può sorprendere che io mi sia soffermato su questo tema. Ma ero reduce da una lettura affascinate, un libro di un’autrice iraniana Lila Azam Zanganeh, Un incantevole sogno di felicità, un romanzo che analizza l’opera di Nabokov, un autore che amo molto anch’io. E tira fuori il suo tratto poco conosciuto, lui era solare e felice, non burbera come appare nelle interviste. È uno degli autori meno lamentosi della storia della letteratura. Ha la complessità di ragionamento tipica dei russi, ma senza lamento. Lui definiva Dostoevski sentimentale, drammaturgo di quart’ordine. Leggendo mi sono reso conto che potessero essere buoni insegnamenti per mio figlio». 


Cristiano Godano - People, 15 febbraio 2012
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In tutto questo, l’unica cosa che salva ai Marlene è la reputazione che si sono fatti dal vivo, in cui, pare, siano ineccepibili e mostrino una capacità sopraffina nel destreggiarsi sia tra i pezzi del vecchio repertorio che in quelli melensi degli anni 2000.
Nonostante questo, credo che il passo peggiore della loro carriera è stata la partecipazione di quest'anno all’album tributo ai Radiohead, KO Computer.
La partecipazione agli album tributo è sempre un'arma a doppio taglio, può mettere in luce il lato migliore della band, come fu il caso di Mio fratello è figlio unico per gli Afterhours, o la stessa cover degli stessi Afterhours da parte dei Bachi Da Pietra (Punto G), oppure una scelta suicida, come quando Jovanotti interpretò Il suonatore Jones di De André.


Ok rivisitare i Radiohead, e posso capire che quando ti affidano Karma Police in mezzo a tanti altri nomi della scena italiana significa che si aspettano molto da te, ma Karma Police è uno dei pezzi più difficili da reinterpretare, perché da suonare è una cazzata, ma come Yorke non lo canta nessuno.
Ok anche rivisitare Karma Police mettendo in gioco quelle che sono le armi che fanno il Marlene Sound ma, come dice (ahimé) Agnelli, o quell’altro paraculo di Fedez, a X-Factor, ci sono due modi per rivisitare dei pezzi grandissimi. O cerchi di omaggiare la versione originale, cercando di rimanere il più possibile fedele (come ha fatto Agnelli in concerto con Pagani), oppure la rivisiti completamente. Ma ci vuole criterio.


La rivisitazione di quest’anno da parte dei Marlene dimostra che, a conferma della reputazione che si è guadagnata in questi anni, a Godano il criterio gli manca completamente. La sua versione Karma Police che suona esattamente come una canzone dei primi album dei Marlene. Nei suoni, però, si sente l’esperienza accumulata, ed effettivamente sono perfetti.
Godano canta Yorke con quel modo retorico che è diventato il suo marchio di fabbrica, con un autocompiacimento che rasenta l’autocelebrazione, con l'ottica che, di per sé, dare un tocco Marlene nel mettere le mani su un classico intramontabile sia sufficiente.
Invece è proprio l'arrangiamento che non funziona. Per niente.
Fa cacare.
. È semplicemente brutto e sbagliato. Chiunque se ne accorgerebbe. Chiunque, tranne Godano.
E questo perché, evidentemente, a 17 anni di distanza dal suo ultimo buon contributo alla musica italiana, crede ancora di essere sulla cresta dell'onda, il migliore della scena.


P.S:
Lo so che ci tenevate, allora eccovi IL santino nuovo di zecca da mettere sulla finestra.


2 commenti:

  1. Quante cazzate, mamma mia, conosci personalmente Godano? È una persona splendida, oltre che molto intelligente, hai ascoltato bene album come Nella tua luce o Lunga Attesa? Album fantastici. Quanta superficialità... poveri noi.

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  2. Godano si sarà pomiciato la tua ragazza. Non c'é altra spiegazione per tanto astio gratuito.

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