La seguente recensione non nasce per un pubblico di superficiali tweetwriters, illuminati da uno schermo elettronico per il 90% della loro esistenza.
Se volete andare a fondo, dovete cominciare ad accettare anche "la magia della noia".
-Esterl Bangs-
01 Giovani Illuminati
02 La Punta Dell'Iceberg
03 Chiodo Fisso
04 Sette Camicie
05 Silenzio
06 Obiezione
07 Scivola
08 Selezione Naturale (ft. Willi Peyote)
09 La Prima Pace Mondiale
La realtà è aumentata a tal punto da rendere esigua la fantasia/ ed ora che non ho più niente da inventare/ divento uno spettatore/ lontano dal gusto/lontano dal tatto/ lontano da tutto
Comincia così il nuovo album degli Eugenio In Via Di Gioia. Al posto delle stelle filanti, una marcia funebre. Non siamo neanche al terzo verso e la polifonia s'arresta. Divento uno spettatore. La trasformazione irreversibile è avvenuta. La voce di Eugenio Cesaro non è mai stata così seria, così ferma, così sapientemente priva di estro, così sapiente nel narrare la realtà di una generazione.
La mia.
Pensateci. Sono circa le 23:54 e non riesco a chiudere occhio. La mia serata mi è passata davanti e tutto quello che riesco a ricordare è il simbolo roteante del buffering. Le puntate che ho visto erano scialbe come un piatto di pasta preparato da un francese. Avrei dovuto scrivere progetto per un posto di lavoro a cui sto lavorando da giorni.
Mentra a-spetto questa barra del caricamento, incapace di alzarmi dal divano, prendere la chitarra, o semplicemente di farmi una camminata per il vicinato, mi sposto su facebook, su qualche sito di notizie, rimpinzandomi d'informazioni pressoché inutili. I successi, forse millantati, degli altri mi scorrono davanti uno dietro l'altro, ma non c'è modo che riesca a giore dei loro meriti. Sarei un santo se lo facessi. Siamo fatti d'invidia e di rancori al 50%, d'impulsi sessuali al 40%, e quello che resta sono le buone intenzioni, peraltro spesso ipocrite. Posso solo assistere, mentre il fegato s'affetta da solo, la barra continua a caricare, ed il mio tempo si consuma, si sbricola, muore.
La sensazione, quella dello spettatore, me la porto dietro da anni. Diciamo che ho sempre litigato con facebook. Da quando è arrivato, qualcosa si è rotto. Una piattaforma dove non esiste il pollice giù, ma che ti bombarda delle idiozie della gente. Gli schermi fanno male. Per le stronzate della gente mi bastava leggere le scritte nei cessi. Ed ho sempre apprezzato la carta (fanculo gli alberi). Da piccolo, pensate, adoravo masterizzare i dischi, stamparne la copertina, anche l'immagine da incollare sul cd, e gioivo delle giornate spese a realizzare i miei fac-simile. Poi sono arrivati gli mp3 e qualcosa si è rotto. Poi lo streaming, ed anche gli mp3 non valevano più un cazzo. Poi mi si è rotto l'hard disk. Una, due, tre volte. A volte mi sento quasi un relitto del passato. Ed ho solo 25 anni.
"Forse ero più felice quando avevo pochi soldi. Ricordo che mi capitava spesso di andare nei negozietti di roba usata e di trovarci quasi sempre dei piccoli tesori e...era davvero molto divertente, una specie di salto nel buio. Non sapevi che cosa cercare e se ti potevi permettere di prendere quello che alla fine ti piaceva di più. Beh, avere migliaia di dollari e poter comprare tutto il negozio non è poi emozionante".
Questa è una dichiarazione che ha rilasciato Kurt Cobain all'età di 27 anni. Pochi mesi dopo sappiamo tutti che fine ha fatto.
Effettivamente, sto ancora a domandarmi se tutto questo mondo ipertecnologizzato stia servendo a qualcosa. La gente è sempre più arrogante e disperatamente materialista. Io sono cambiato solo in peggio. Non è che la tecnologia in sé mi crei problemi. Ho sempre saputo usare i computer, giocavo su DOS a soli 6 anni. Usare un Ipad è più semplice che mescolare il caffé. Ma le cose che mi fanno perdere di più le staffe sono i miei aggeggi elettronici. Posso persino sopportare un coinquilino che mette per sbaglio una canzone di Eros Ramazzotti...ma i computer, il cellulare, un caricatore...Io ho costantemente bisogno di un cazzo di computer, altrimenti sono fottuto. Fottuto. Ed il peggio è che non posso tornare indietro. La realtà è arrivata a tal punto. Rispetto ai miei genitori, per avere la mia età, so veramente un fottio di cose. Non c'è limite alla mia conoscenza. Ho girato il mondo su internet. I miei studi mi hanno dischiuso le leggi della natura e della quantistica. Ma sono sempre stato in camera, a fissare uno schermo, cadendo nel baratro miopia e nella sordità a velocità esponenziale. Mio padre alla mia età risparmiava per portare la ragazza in moto in Corsica, lavorava alle poste e frequentava l'uni, mia madre conviveva e di lì a poco, lavorava, sfornava il primo figlio. Anche io sono un giovane illuminato. Ma sono povero, perché "povero non è chi possiede, ma chi costantemente necessita (J. Mujica)". Ed io, l'onnisciente figliolo, rimango qui, a farmi seghe mentali su facebook.
Gli Eugenio In Via Di Gioia hanno fatto di nuovo centro. Giovani Illuminati è l'inno di una generazione. Chapeu. Poco importa se alcune scelte musicali restano discutibili. Io, del resto, me ne sto in fissa con gruppi che non si incula nessuno come gli All Them Witches, i Goat, gli Shellac e non c'è verso che trovi un coinquilino che condivida i miei gusti musicali. Anche quelli che hanno i miei stessi gusti, spesso, sono dei fissati che dormono sotto ad un post di Ian Curtis che fuma una sigaretta, e li vedi sempre in prima fila ad un concerto di Motta, o degli Zen Circus. Oramai, tanto, il mondo gira solo per mode. Aggiungiamo un'amara banalità: il capitalismo ha trionfato in maniera irreversibile. Non tanto perché ha cambiato il nostro modo di vivere, ma quello di esistere.
Invidio, invidio a morte queste ragazzine che saltano fuori come funghi su youtube, a fare il verso a Jesse Greenberg, pur non avendo né le sue poppe, né il suo talento, che propongono le canzoni dei suddetti Motta e degli stessi EIVDG. Loro in questa merda ci sono cresciute. Non vivranno affatto le mie preoccupazioni. Quando è venuto fuori fb avevano sì e no 7 anni. Ma intanto Letizia Vitali, per dirne una, che pur non essendo affatto la peggiore del lotto, non ha nemmeno imparato a spostare un capotasto per prendere la tonalità giusta per la sua voce (e te lo dico da uno che se ne intende, nel senso che è sufficiente un anno di lezioni di canto: sul serio, se non hai ancora imparato a capire la tua estensione, cambia insegnante) , apre i concerto de Lo Stato Sociale, ed a me è già tanto se mi vengono a vedere i compagni di università.
Perché, diciamolo, questo è il Paese del "non importa se sei bravo, l'importante è che ci provi". Sì, certo, (COL CAZZO!!!) e poi da qui a "Non suonare questa, non la conosce nessuno, suona la Canzone del Sole!" ed alle stonature da gesso sulla lavagna di Lodo Guenzi il passo è brevissimo.
(non ti preoccupare, Letizia, anche se ti sforzi non canterai mai male quanto Lodo Guenzi)
Io, invece, rivendico profondamente la dignità del ruolo del critico cinico e frustrato. Riconoscere la dignità del musicista non è roba da poco. Fare musica è una cosa seria. Cercare consensi è un'altra. Ma la critica musicale è ormai sommersa dalle critiche funeste di una mentalità sempre più superficiale ed accondiscendente. Una realtà in cui l'attenzione per il dettaglio scivola via. Una realtà fatta di palliativi, di toppe e non di cuciture.
Tutti su per Terra: il ritorno degli Eugenio In Via Di Gioia sulla lunga distanza. Si scrive.
Ma intanto, gli EIVDG non erano affatto scomparsi. Ora vi spiego come funziona oggi. La realtà è arrivata a tal punto. Su ogni pagina esiste una sezione chiamata "strumenti di pubblicazione". Ti permete di programmare i post in automatico, in modo da pubblicarli a intervalli regolari e garantire costante visibilità ai tuoi contenuti. Un'altra sezione, infatti, ti permette di monitorarla: in sostanza, guardi quanto facebook "quota" i tuoi contenuti multimediali. Più i tuoi contenuti vengono visualizzati, più facebook ti concede spazio. La borsa del social. Per cui un album nel 2014, due o tre video tratti dall’album (uno dei quali su Vevo), la finta sostituzione del bassista con un personaggio di matrice pirandelliana, con tanto di video casting diviso su più episodi, un videogioco per cellulare in cui il protagonista-Eugenio raccoglie le prugne al Pam e tutta una serie di minivideo che li vedono coinvolti a suonare muri, biciclette, o a cantare sulla spiaggia, e...puf! Dal 2014 ci ritroviamo al 2017. Artisti dell'autopromozione e, soprattutto, del social marketing, gli Eugenii prima vincono una targa per la "migliore strategia di promozione web", girano l'Italia in lungo ed in largo, raddoppiano i loro fan, arrivano al secondo disco.
Sono proprio i Giovani Illuminati gli artefici della scalata degli EIVDG. Liceali, millennials. Gli stessi che hanno fatto la fortuna di un Fedez, o di un Rovazzi, ma che trovano nei versi e nella musica degli Eugenii qualcosa di confortevole. Un pop non scontato, diverso, ma non respingente come l'alternative stile Alberto Ferrari. Gente, per lo più, che non capisce un cazzo di musica, sempre aggiornata com'è sulle tendenze pop iperprodotte del momento, ma che, in qualche modo, trova un linguaggio brillante, diverso, non scontato come potrebbe essere quello di Marco Bianchi, un alternativa alle rime cuore e amore, spontaneo, sincero, alla portata di tutti.
Tutto questo per dire che la maggior parte del pubblico degli Eugenio, questo tipo di pubblico, non ha gli strumenti generazionali per capire il dramma intrinseco delineato in Tutti Su Per Terra.
Gli Eugenio In Via Di Gioia sono dei nostri. Dei Miei. Ed in quest'album ci sono tante, tante amare riflessioni che sono cari a quelli che, come me, non sono inclini ad arrendersi, o sono semplicemente ad un passo dallo sbando totale.
Essere inqualificabili dal punto di vista del genere (cantuautorato/pop/folk/indiequalchecosa?) è un merito che si possono permettere in pochi. Rimpiazzare le schitarrate alla Mumord And Sons, i ritornelli faciloni, le soluzioni armoniche scontate (A- F C G) con un album ben prodotto, una sostanziale revisione della forma canzone in funzione delle effettive potenzialità dei singoli membri e dei testi crudi, affascinanti, intriganti e, soprattutto, veri, nel giro di questi quasi 3 anni, non è un'impresa da tutti. La prova del secondo album, in genere, è quella del pubblico. Giocarsela sulla critica non è un impresa da pochi, ma gli Eugenii ce l'hanno fatta benissimo, ed hanno raccolto tutta la mia stima e la la mia ammirazione.
Mi dispiace per quelli di Ondarock che si sono persi l'occasione di cagare un album come questo. Spocchiosi snob.
Di Giovani Illuminati se n'è parlato in abbondanza. Di per sé il pezzo vale l'album.
La punta dell'iceberg, pur non essendo proprio di mio gusto, è una riuscita riflessione di un cantastorie da vilaggio vacanze sulle isterie da ventunesimo secolo.
Chiodo fisso è il pezzo pop. Quello che piace tutti, tranne a me, ma che piace a Linus di radio Deejay, quindi capirai: la sua opinione conta molto di più della mia.
Sette camicie è il pezzo preferito di Emanuele Via, e non c'è dubbio, è una dimostrazione tecnica notevole. Un altro pezzo bellissimo che potrebbe essere nato dallo Jannacci più ispirato e che non fa che confermare le mie riflessioni precedenti: "se io se fossi pAzzo/butterei tutto via/ anche il cellulare/ se io se fossi pAzzo/ non mi farei più rintracciare." E quindi, ripetendo il concetto: ve lo immaginate un 2000 ad un concerto degli EIVDG, smartphone in mano, videodiretta su facebook, a cantare questo brano? Eppure queste cose succedono!
Silenzio è un pezzo che mi piace tantissimo, soprattutto perché il riff è fatto dalle linee vocali. Anche qui, riemergono le mie riflessioni:
Silenzio in classe/ scena muta/ all'interrogazione/ ma è un silenzio assenso/ quello di chi tace/ che ha imparato la lezione/ tutti dieci in condotta/ e sincera commozione / per questi giovanotti/ più bravi di noi coi mezzi di comunicazione.
Abbiamo risolto il problema dell'inquinamento acustico.
Forse perché la gente non parla più. Non comunica. O forse perché è troppo impegnata a fissare il proprio cellulare. O forse, semplicemente, perché l'attenzione è così bassa che nessuno applaude, nessuno si esprime, nessuno ascolta.
Un problema, questo, che emerge anche in Scivola. Una bella ballatona pianistica anni 70, che descrive un "mondo impermeabile", in cui le notizie possono solo toccare la superficie degli animi, ed in cui "il sasso fa notizia solo se Frana è sceso a valle", in cui si sfrutta la scia della notorietà di un fenomeno, o di una persona, per mettersi al centro dell'attenzione, in cui la vanità è l'unico motore e fine delle nostre azioni ed aspirazioni.
Obiezione continua sulla strada inaugurata da Bennato di portare la favola di Collodi nel cantautorato italiano, e riprende certe soluzioni indie-pop già affiorate in Egli ed in Chiodo Fisso. Non mi sconfiffera troppo, ma c'è una parte che è degna di nota, in cui Eugenio s'impersonifica col "nemico" descritto finora, il Pinocchio, il superficiale, e ne invidia la capacità di stare al mondo:
Genitore di me stesso/ incapace di punire/ riluttante a sgridare per paura di soffrire/ sono il figlio di me stesso/ viziato/ da balocchi che in fondo io mi sono meritato/ sono orfano/ delle critiche di Kant/ e di onestà intellettuale/ burattino io son mosso dai fili/ e non dalla coscienza/ non dalla morale/ e allora tienitela tu/ se ti fa stare meglio/ questa differenza/ io non ho grilli per la testa/ e sto tanto bene senza.
Una capacità preclusa alle persone intelligenti, che vedono troppe sfumature nelle cose. Persone che hanno studiato, sono state rinchiuse troppo tempo sui libri e sono rilevate inadeguate per un altro aspetto: non sanno difendersi. Qui entra in gioco la Selezione Naturale. Forse un pezzo non troppo riuscito, un po' più frivolo rispetto al resto del lotto, che strizza nettamente l'occhio al pubblico liceale (più bulli/più bulli e meno ciccioni) con un Willy Peyote tutt'altro che eccezionale ma che fa di sicuro gran spettacolo. Interessante però il tentativo di tirare fuori un sound aggressivo. Anche solo il fatto che il pezzo esordisca con "Il Male esiste/è un dato di fatto" denota un cambiamento di rotta netto ed interessante. Emilia ormai sta ad anni luce di distanza.
Chiude il lotto l'ukulele de La Prima Pace Mondiale, un pezzo che non riesce a rimanermi in testa. Ma non è facile scrivere un pezzo in maggiore, ed un pezzo finale che inciti ad un futuro migliore era necessario. Ed il ritornello a la Tribalistas non me l'aspettavo proprio. Ma anche qui c'è una chicca, che è riprendere la dignità del ruolo dello "spettatore" di cui parlavo prima: fare gli eroi/ restando in disparte. Ossia, sottolineare la sapienza di chi, pur avendo qualcosa da dire, riesce a sottrarsi a questa logica del social del dover prepotentemente dire la propria, ad essere superiori tra le parti. Sono queste le persone che riusciranno a generare La Prima Pace Mondiale. Per cui, ancora, un po' di speranza c'è.
In conclusione, quindi, voglio dire che gli Eugenio In Via Di Gioia non solo mi hanno convinto, ma mi hanno sorpreso, con un album compatto, con una visione lucida ed organica, che mi regala qualcosa di nuovo ad ogni ascolto e che ha finalmente appianato tutti i miei dubbi sul futuro della band. Riuscire ad entrare nella logica di una produzione professionale, uscendone tutto sommato indenni, ed anzi sfruttando l'aspetto peculiare del proprio sound, è un'impresa per pochi eletti, ma gli EIVDG ci sono riusciti benissimo, mantenendo il loro sorrisone irresistibile e la loro voglia di divertirsi. Il resto, cari miei, è tutta strada in discesa. Vi ho conosciuto che avevate qualcosa da dire, adesso l'avete detta. Non resta che andare in giro e diffondete il vostro verbo.
P.S. Non do più voti numerici. Ho già scritto abbastanza.