mercoledì 14 dicembre 2016

X factor 10 - retrospettiva ad un passo dalla finale



Vi chiederete che cos'abbia spinto un blogger così appassionato ed acculturato come a ritornare su un argomento tanto frivolo dopo tutto questo tempo.
La risposta avreste potuto già dedurla dal titolo: ho passato tutto questo tempo a guardare X Factor.
Scherzi a parte, lo ammetto. Un po' per pigrizia, un po' perché mi sono appena laureato e sono finalmente (ep, finalmente...) disoccupato, ho deciso di non perdermi una puntata fin dalla dichiarazione di Manuel Agnelli.
L'aspetto curioso è stato scoprire che anche Francesco, il mio coinquilino, che è una delle persone più profonde che io conosca, non si perde mezza puntata del programma da anni.
 Francesco è una persona allo stesso tempo estremamente semplice e profonda. Ha qualche anno in più di me e lavora come crowdfunder e come graphic designer per una scuola di bambini. Nel tempo libero cerca di imparare a suonare la chitarra ed io da un paio di mesi ho preso ormai a fargli da maestro.
Il suo interesse per la musica lo porta a considerare X Factor uno dei programmi musicali più interessanti della televisione italiana per un semplice motivo: non ce ne sono.
Da anni la televisione italiana ha smesso di fare promozione attiva della musica emergente. Ne sono passati di anni da quando la Dandini ospitava i Nirvana in TV o da quando la Paula Maugeri conduceva Segnali Di Fumo:




Il talent è l'unico format rimasto per fare promozione attiva della musica all'interno del network televisivo.

Per quanto se ne dica, sono convinto che la presenza di Manuel Agnelli (e non solo) all'interno del programma abbia causato un'importante punto di rottura con le edizioni precedenti ed un'importante svolta per la cultura musicale di massa del Belpaese.
Ma vediamo con ordine i motivi:

1) La scomparsa di Morgan

Morgan è da anni la brutta imitazione di sé stesso. Persona colta, elegante, rispettabilissima e degna di tutta la mia stima ma, allo stesso tempo, di una aridità creativa imbarazzante. La differenza sostanziale tra lui e Manuel e che, mentre il primo non sforna un disco decente da anni, oltre ad aver praticamente perso le capacità sia come musicista che come cantante, il secondo continua a fare musica da quasi 30 anni, tra cambi di formazione, punti bassi e rinascite, come il nuovo, superbo album degli Afterhours. Sentire per credere:




Ecco. Imbarazzante. Questa, invece, è la resa dal vivo di Manuel all'edizione X Factor di quest'anno, ed un estratto dall'ultimo disco:




2) Manuel ha portato una trasformazione culturale del programma

Manuel è un musicista in senso proprio, ha saputo sfruttare una voce difficile e tirarne fuori la timbrica particolare, hadato vita ad un progetto musicale imprevedibile e di difficile catalogazione, ha fatto musica "alternativa" ed è riuscito allo stesso tempo ad arrivare alle orecchie di un'intera nazione. Molti detrattori lo hanno accusato - e lo accusano di aver assassinato l'immaginario indie, "alternativo" che finora rappresentava per il solo fatto di essersi esposto ad una massiccia esposizione mediatica.
E perché, invece, a Bollani non hanno detto nulla?


Io, invece, credo che Manuel Agnelli abbia fatto una delle mosse più coraggiose e più sagge che un musicista nella sua posizione avrebbe saputo fare. Assumere la dignità di un giudice agli occhi di un'intera nazione, con la competenza acquisita da trent'anni di duro lavoro all'interno della musica indipendente, non è mica un'occasione da poco.  Solo lavorando così all'interno di una struttura apparentemente precostituita e stabile era possibile riuscire a portare quel suo (e mio) mondo culturale, ad imporre le sue decisioni nei casting, rendendo pan per focaccia sia chi pensava che bastasse scegliere un brano orecchiabile per impressionare il pubblico



e si permetteva di giustificare la propria ignoranza, con l'arroganza di chi crede che solo il piattino già scaldato, il cibo già conosciuto, il nome già noto, potrà attirare l'attenzione dell'ascoltatore medio.



3) I giudici che rappresentavano il "popolino" l'italietta, sono rimasti con un pezzo di pane

In questo modo, i due giudici più impreparati, Alvaro Soler ed Arisa, sono rimasti ridicolizzati in più di un'occasione dalle loro scelte sbagliate o dai loro commenti imbarazzanti.
Al contrario, i concorrenti di Manuel hanno portato una bella, genuina ventata di freschezza, cantando dei pezzi nati dalla loro impostazione vocale naturale, in un'ottica di crescita culturale e personale che vuol'essere finalizzata all'aver i piedi per terra, a conoscersi, a sfruttare il proprio talent-o per dare il meglio di sé, nella consapevolezza.


A seguito riporto l'elenco delle canzoni che Manuel ha fatto finora cantare ai suoi pupilli:
Eva:


Aimee Man - Wise Up
Alabama Shake - Don't Wanna Fight No More
Iggy Pop - Lust For Life mashupped with Amy Winehouse - Valerie
Lucio Dalla - Caruso
The Beatles - Across The Universe
Hooverphonic - Mad About You
Gino Paoli - Senza Fine

Pezzo inedito: Voglio Andare Fino In Fondo (G. Sangiorgi)



Andrea:

Radiohead - Fake Plastic Trees
Afterhours - Ballata Per La Mia Piccola Iena
Micheal Jackson - Black Or White (acoustic version)
Nine Inch Nails - Hurt
Mick Ronson - Uptown funk (scat version)
Oasis - Wonderwall
The Smiths - Please, Please, Please, Let Me Get What I Want

Pezzo Inedito:  Il Mare Dentro (Diodato)



Silva Fortes:

Damien Rice - The Blower's Daughter
Jack White - Another Way To Die
Seu Jorge - Life On Mars (David Bowie cover)

Insomma, c'è materiale sufficiente da fare una playlist di tutto rispetto.
In confronto, Alvaro ha perso i primi concorrenti proprio a causa della sua mancanza di fantasia (sarebbe bastato far cantare gli Editors o i New Order ai Les Enfants...), mentre Arisa, in preda ad una crisi di orgoglio/desiderio di maternità, ha adottato dei giovanotti senza carisma pur essendosi ritrovata davanti dei veri e propri fuoriclasse: Giovanni Diana, Lorenzo Arciero ed Enrico Matheis.





4) I Daiana Lou hanno portato l'immaginario del fricchettone sui grandi schermi

Pur essendo probabilmente stati i giovani più talentuosi di tutte le edizioni viste finora, i Daiana Lou sono, nel loro idealismo, stati ingenuamente superficiali. Hanno fatto i conti senza l'oste. La loro uscita moralista nei confronti del programma ha lasciato una polemica abbastanza sterile dietro di sé, che dubito gioverà alla loro carriera. Questo è un peccato, perché avrebbero potuto vincere, diventare famosi, vendere un po' di dischi e fare opere di beneficienza. Attirare l'attenzione come Manuel, acquisire credibilità, guadagnarsi un pubblico e, a quel punto, predicare, portare un messaggio, portare la propria visione al pubblico di massa. Sarebbe sufficiente che più persone come loro cercasse un po' di sovraesposizione mediatica, e questo Paese potrebbe cambiare più in fretta, perché la visibilità, ormai, sembra che sia proprio tutto. Peggio per loro. La qualità che hanno portato in televisione era una cosa che non si vedeva da anni. Ed invece hanno fatto la figura dei cannati e basta...peccato...non ci sono artisti e basta, c'è solo gente che ha il talento e sa vendersi e gente che, invece, ha il talento e basta.


5) Fedez è sopravvissuto solo dimostrando di non essere il solito rapper gangsta

Fedez non è un deficiente. Sarebbe più corretto dire, a guardarlo, che sembra di più una lucertola. Un lucertolone, un dinosauraccio, un varano. Penalizzato - e frustrato- in partenza dal non essere più il belloccio del programma, ha saputo riciclarsi come producer. Perché diciamocelo, come rapper non vale una sega, sebbene qualche suo testo si salvi.


Come producer, talent scout, icon manager ed ascoltatore, invece, è una vera volpe, tant'è che il 99% della sua carriera si basa su scelte basate su pure logiche di mercato: overproducing, mastering a New York, collaborazioni con DJ set internazionali, autotune, pubblicità di vestiti. Quell'1%, quella specie di cloaca che resta, è la musica, e generalmente è un impastone melodico-similrappato che aspetta di esplodere sul ritornellone La- Fa Do Sol (per intenderci, The Passenger, Passenger, i The Circle, Madonna, Lady Gaga, Axis Of Awesome ecc ecc...).
Quanto si può dire di lui lo si può applicare alle sue concorrenti: tutte belle, tutte pulite, tutte vendibili. Per questo motivo, Fedez non va giù e vincerà probabilmente il programma, vendendo al suo pubblico delle mosse assolutamente paraculo (scelta del testo in inglese, pezzo iperprodotto, generi che vanno alla moda negli USA e che non sono ancora troppo virali in Italia - lo saranno tra quanto...2 mesi?) come scelte coraggiose per ingraziarselo. Che vinca Gaia o Roshelle è ormai praticamente scontato.
Eva, coi suoi tatuaggi ed il suo look da borghese che frequenta i centri sociali, rappresenta quel genere di ragazze "alternative" che piacciono tanto a me e che in genere, in una trasmissione di questo tipo, non avrebbero avuto mezza possibilità, Andrea era il musicista belloccio e capace e, come si sapeva fin dall'inizio, è durato sin troppo. Silva Fortes avrà pure avuto una bella timbrica, ma non sapeva cantare. Gaia, invece, ha delle gran belle tette; Roshelle ha persino il culo da pornoattrice brasiliana. Poi, cercando di non essere troppo di parte, è giusto ricordare che la prima canta da spavento, mentre la seconda pur essendo molto bene impostata vocalmente, rimane quasi sempre al limite delle sue possibilità vocali e compensa vendendosi molto bene, tra pezzi di orecchiabilità immediata, uno spacco di cosce ed una scollatura. Anche fuori al palco.


La vittoria di Fedez dimostrerà quello che hanno già dimostrato tutti e cioè che, se non altro, nella giungla che è il mondo, solo il più abile a giocare le sue carte sa vincere.
Al resto ci penserà sempre questo sistema eccessivamente democratico, alla mercé di un pubblico (o di un elettorato) sempre più incapace di fare la scelta giusta per il proprio Paese.

6) Lo StraFactor è il primo programma a la Dandini da anni a questa parte

Nel valutare l'edizione di quest'anno non bisogna dimenticare lo Strafactor. La nascita del programma satirico postpuntata ha riportato la cultura musicale emergente, il vero ruolo del talent scout sul grande schermo. A parte il fatto che Elio e Mara hanno dimostrato di non aver minimamente perso il loro spessore dopo la partecipazione al talenti, non ho potuto fare a meno di notare che, nelle ultime puntate, mi sono reso conto che il livello di alcuni partecipanti è forse superiore a quello dei veri concorrenti. Come sempre accade in questi casi, è la trasmissione migliore quella con meno finanziamenti. Ma, intanto, qualcosa si è smosso.

Manuel Agnelli va in televisione
uno dei suoi partecipanti - il suo alter ego giovanile, Andrea Biagioni, più bello, col look da chitarrista da strada - sfiora la finale con un pezzo inedito che gli italiani non dimenticheranno facilmente
l'altra fricchettona, Eva, tatuatrice professionista, approda alla finale, mentre fighe e ventenni patinati vengono rimandati a casa
la giudice incaricata di rappresentare l'italia di Sanremo, e della canzonetta, Arisa, raccoglie regolarmente fischi
viene creato un programma musical-satirico dove degli ex-partecipanti accettano di farsi prendere per il culo da una giuria allargata, professionale e faceta allo stesso tempo

Se vi sembra roba da poco..

Ad ogni modo,  Io giovedì mi sono organizzato con Francesco per guardarmi la finale.
Voi fate quello che volete, andate a teatro, a leggere libri, o a parlare della rivoluzione che non farete mai. Io mi guardo la mia televisione, il mio Paese che cambia e mangio popcorn.





mercoledì 25 maggio 2016

John Frusciante should have been R.E.M.'s guitarist

Although recognized as one of the most eclectic guitar players and songwriters of the 2000's, it seems that still nobody has pointed out how John Frusciante's poppy style era should have been influenced by the band from Athens.
I came up to this idea listening to Country Feedback, one of the song from the R.E.M. most famous album, 



Document, which went out in 1991, the same year of Blood Sugar Sex Magic.



The main chords of the totally match with the one from the outro - and the solo - of one of BSSM ballads, I Could Have Lied, which could be indicated as one of the first "Frusciante" song in Red Hot Chili Peppers
As a Frusciante fan, I don't know what to think about. Either the guitar playing  from the R.E.M. song totally sound like there was Frusciante in the studio (even how they sound all these tremolo-cruchy vibrating riffs that fills through the voice's singing), either the RHCP song totally sounds like a R.E.M. ballad. I can also say, the R.E.M. song could actually fill perfectly in one of Frusciante's recordings between 2004 and 2005.
So, who was the one that stole the idea from the other?
Maybe John Frusciante is not that teacher at all. I don't know. I repeat - I'm a big Frusciante fan. But I have to consider it was just 21 at the time. Maybe he loves R.E.M so much that all his career during the 2000's was just an attempt to make a couple of pop songs that could sound just as good as one from Out Of Time album. Not an easy task, though.

martedì 5 aprile 2016

Retrospettiva sui Nirvana


Il 18 giugno 2015 esce, a nome di  Brent Morgen, il documentario Montage Of Heck. Nonostante l'aspettativa, comprensibilmente alta, di un documentario su una delle vicende personali che hanno maggiormente segnato una generazione, il prodotto cinematografico si dimostra tutto sommato all'altezza, capace, se non altro, di lavare via la delusione lasciata da Last Days (regia di Gus Van Sandt, 2005) e, soprattutto, la polemica complottista avviata da Kurt e Courtney (Nick Broomfield, 1998).



La pellicola, tuttavia, per quanto abbia il merito di riuscire ad inquadrare appieno il personaggio con delle bellissime sequenze animate che danno vita alle memorie tratte direttamente dal suo diario (ormai negli scaffali delle librerie da parecchi anni), presenta il terribile difetto di mantenersi fin troppo legata alle aspettative di un pubblico di massa, privilegiando sfacciatamente il gossip familiare rispetto a quelle legate alla scena musicale di Seattle. In questo modo, mantenendo furbescamente le distanze da qualsiasi tipo di giudizio verso la tragedia che ha scosso una intera generazione, si ha un po' la sensazione che dei Nirvana, tutto sommato, si dica poco e niente. In seguito alla pubblicazione del documentario, come a conferma dell'intento lucrativo del progetto, la Universal ha annunciato in grande stile la pubblicazione del "primo disco da solista" di Kurt Cobain intitolato, appunto, Montage Of Heck - The Home Recordings


L'album, pubblicato persino in versione deluxe e con un artork di tutto rispetto, è una raccolta delle registrazioni di peggior qualità mai realizzate da Kobain. Si tratta di sprazzi di idee, demo di demo, realizzate artigianalmente, in qualsiasi situazione, con i pochi strumenti a disposizione. I nastri, di per sé fondamentali per dare forza espressiva al documentario, proprio per il loro valore prettamente intimo e biografico, su disco risultano assolutamente inascoltabili. Cacofonici, impubblicabili per definizione, parte di essi era già stata distribuita, in maniera gratuita, per il piacere esclusivo di quei fan abbastanza sfegatati da avere la pazienza di ascoltarli: quelli a cui non erano bastati tutti i bootleg presenti nei vari archivi: i sei Outcesticide, il triplo cofanetto di With The Lights Out, né le varie bonus track per il ventennale dei quattro album.


A quanto pare, quando gli archivi degli studi sono stati svuotati, i discografici sono andati a cercare direttamente nei cassetti della famiglia. Insomma, a distanza di vent'anni, si può dire che Kurt Cobain sia diventato il nuovo re Mida del rock 'n roll, capace di trasformare in oro qualsiasi cosa su cui abbia messo la mano. Anche la merda. 


Al contrario, sicuramente Kurt Cobain  non avrebbe apprezzato né lo sfarzo con cui viene periodicamente celebrato né l'attaccamento morboso dei media alla sua vicenda personale. Uno degli aspetti emersi dalle varie testimonianze era che detestasse essere messo in ridicolo - del resto lo sareste anche voi, se qualcuno frugasse tra le vostre cose e diffondesse qualcosa che preferivate rimanesse privato o, ancora peggio, di cui normalmente vi vergognereste. Questa operazione commerciale non è che l'ennesima conferma dell'efferratezza dell'industria discografica, la stessa che si autocelebra nel melodramma pop rock di Vinyl e che allo stesso tempo pesca a piene mani, senza alcuno scrupolo, nel passato di una celebrità morta e defunta piuttosto che tirare su nuove, interessanti leve.
Montage Of Heck è, in questo senso, la rivincita dell'industria discografica nei confronti dei Nirvana, di Kurt Cobain e la definitiva conferma che gli anni novanta, con tutta la loro rabbia giovanile ed il risveglio delle coscienze, non sono che un lontano, defunto ricordo.
Una volta vidi al mercato un tizio che vendeva una maglietta di Che Guevara. Al fianco esponeva quella di Mussolini. Vedere Montage Of Heck a fianco di In Utero mi fa lo stesso effetto.

la rivoluzione fa il botto
la rivoluzione diventa popolare
la rivoluzione diventa virale
la rivoluzione è un prodotto commerciale

Il problema è che gli anni passano e la gente poi non solo ci passa sopra, ma dimentica. Comprare la maglietta dei Nirvana diventa come averne una degli Iron Maiden, o di Madonna, o di Rihanna.
Ma gli anni 90 per me che ci sono solo nato e non li ho vissuti, hanno avuto un valore, ed è per questo che vorrei prendermi la libertà di ricordare, a tutti quei cretini che penseranno di aver comprato "il disco solista postumo di Kurt Cobain, il tipo più bello e fico del secolo", perché i Nirvana sono stati e sono tuttora una band fondamentale, che ha rotto gli schemi, grazie a quella genialità che, più che con un talento vero e proprio, ha a che vedere con la capacità di sfruttarne la mancanza.
Nel 2014, a 20 anni precisi dalla morte di Kurt Cobain, i Nirvana entrano a far parte della  Rock And Roll Hall Of Fame. Sul sito ufficiale, vengono rappresentati con questa foto:


Ossia, come Tre Cazzoni.

Il che, in realtà, è il modo più adeguato per ricordarli. Questa foto non potrebbe essere il modo di migliore per ricordarli, perché non credo assolutamente che Dave Grohl e soci desidererebbero altrimenti.
 Facciamo un salto indietro nel tempo.
1992. Questi tre "cazzoni", come li abbiamo appena chiamati, sbucati dal nulla un anno prima, hanno venduto così tante copie col primo album realizzato in uno studio decente (Nevermind) da rubare il podio a Michael Jackson, che da allora non diventerà che uno squallido ricordo di sé stesso. Nevermind, ad oggi, ha venduto circa 27 milioni di copie.
Kris Novoselic, un bassista pescato chissà dove, che probabilmente non avrebbe potuto suonare in un'altra band in vita sua, Dave Grohl, batterista in erba con un mare di idee nel cassetto, Kurt Cobain, un artista squattrinato e vagabondo, probabilmente dipolare, ascoltatore onnivoro con la passione per il punk. Un album già all'attivo di cui non si ricordava quasi nessuno, tre accordi, usando tre pedali economici, una testata Marshall e grida come se non ci fosse un domani.
Un tocco di postproduzione da parte di un paio di esperti del settore (tra cui, va ricordata la mano pesantissima di Butch Vig, che fece storcere il naso alla band) ed il gioco è fatto: i Nirvana portano nel pop quello che a Seattle stava succedendo dal 1985.
A differenza di Jackson, però, i Nirvana sembra quasi che non riescano proprio a rendersi conto del proprio, inaspettato successo (divertente, a questo proposito, la nota diatriba coi Guns 'N Roses).  Pur essendo musicisti appena accettabili, uniscono critica e pubblico, in barba a tutti i canoni estetici dell'industria musicale (ivi compreso l'uso professionale del click, secondo cui un pezzo pop od un pezzo punk generalmente presenta gli stessi bpm dall'inizio alla fine del pezzo). La loro influenza è tale che di lì a poco, sarà la moda ed i modi ad abituarsi ai Nirvana e non viceversa, ed artisti come Soundgarden, Pearl Jam ed Alice In Chains diventeranno il nuovo punto di riferimento dell'alternative mondiale, suonando per migliaia di ragazzini coi capelli lunghi e la camicia di flanella.
I Nirvana tendono ad ironizzare sul proprio ruolo generazionale, rifiutano le interviste, le cerimonie come gli Awards e lo stile di vita da sogno americano.
A conferma di questo atteggiamento il trio, a due anni distanza, sotto i riflettori di tutto il mondo, si lascia alle spalle la produzione fin troppo laccata di Butch Vig e si reca da un vero guru del noize, Steve Albini, produttore, già all'epoca, di band come Jesus Lizard, Slint e Jon Spencer Blues Explosions, vero e proprio rappresentate della scena musicale a cui i Nirvana realmente appartengono. Questi, che aveva definito i Nirvana "i R.E.M. con un fuzz tra le mani", inizialmente rifiuta, ma poi si rende conto che, tutto sommato, sono tre ragazzi esattamente identici agli sfigati a cui è abituato a fare incidere dei dischi "lampo" (cioè, in non più di tre giorni di registrazioni), secondo il suo modus operandi. L'album, intitolato In Utero, è così più duro e cupo del precedente da presentare le istruzioni per l'ascolto.


Per quanto se ne dica di Nevermind, In Utero è e rimane il massimo apice creativo dei Nirvana. Lasciati da parte gli impulsi adolescenziali, i testi scritti all'ultimo momento lasciano spazio alle riflessioni del cantante sulla vita fatta negli ultimi anni, rivelando un talento fino a quel momento rimasto nascosto. Il punkrocker si mette a nudo e diventa poeta, mostrando la visione autoironica (I think I'm dumb/maybe just happy - Dumb) e disillusa (Teenage angst had paid off well/now I'm bored and old - Serve The Servants) sulla propria esperienza da rockstar (What Is Wrong With Me? - Radio Friendly Unit Shifter) e ponendosi le prime, irrisolte domande sul proprio futuro (What else should I write? [..]/What Else Should I Be? - All Apologies).
 Trainati dalla bellissima Heart Shaped Box, i Nirvana restano in testa alle classifiche.

A questo punto Kurt Cobain ha circa 26 anni ed ha tutto quello che si possa desiderare. Una bella moglie (anche se un po' eroinomane), la ricchezza, la soddisfazione di aver realizzato il proprio sogno senza cedere a compromessi - questo anche grazie alla sua straordinaria bellezza, che lo rende un idolo delle teenager. Potrebbe ritirarsi e vivere di rendita, ma dentro di sé non è affatto felice.
Dieci anni di musica come mezzo di evasione da una famiglia un po' limitata, che invece di affrontare le stranezze del ragazzo lo ha visto come una patata bollente da rimbalzare da un parente all'altro, hanno fatto sì che quelli - e vorrei mettere l'accento su questo punto - che sono tutto sommato dei normali problemi in adolescenza, almeno per la stragrande maggioranza dei ragazzi americani cresciuti in una famiglia di periferia un po' bigotta, non siano stati affatto superati. Invece dell'affetto e del supporto di una famiglia, Kurt ha trovato conforto nell'attaccamento verso le fidanzate, la band, la pittura, il successo e l'eroina.
Ha ragione Keith Richards quando sostiene:


che la morte di Kurt Cobain non è una tragedia generazionale poiché che la gente si è sempre suicidata nel silenzio generale. D'altronde, è anche vero che molta gente che convive con problemi molto più profondi e trova comunque la maniera di sorridere. Evidenziare il carattere estremamente privato di questa tragedia è a dir poco cruciale. Kurt Cobain non è l'ennesima persona che è stata sconfitta dal successo o dallo star business, ma un insicuro che è stato divorato da una, tutto sommato, banale storia di difficoltà familiare e che si è cacciato in un turbine autodistruttivo grazie alla spinta propulsiva dell'eroina - in cui, inizialmente, aveva trovato conforto.
Per quanto il dibattito intergenerazionale tenda a definirlo tale, Kurt Cobain non era né un'idiota, né uno squilibrato, né un depresso, né un tossico. Guardatevi pure i concerti del 1994: non era una favola, ma non stava nemmeno così male. Se volete farvi un'idea di cosa poteva essere un musicista tossico, andatevi a cercare qualche video di Frusciante di quel periodo!


Allo stesso tempo, non è neanche giusto parlare di lui come se fosse semplicemente una pussy, una miserabile checca che si piangeva addosso. La tendenza generale è stata quella di passare troppo facilmente ai giudizi senza soffermarsi sufficientemente sull'età della persona: Kurt Cobain era un ragazzo. Soprattutto, solo un ragazzo, con le proprie, normalissime fragilità. Le pagine tratte dal suo diario mostrano in maniera assai evidente che l'idea del suicidio era un pensiero ricorrente e questo, per quanto abbia generato tanto scalpore mediatico, non ha niente di anormale. Anche il sottoscritto, se rileggesse qualche vecchio diaro, troverebbe facilmente dei contenuti simili. Anzi, è mia opinione che, dopo la masturbazione, l'idea del suicidio premeditato sia la seconda cosa che più accomuna i giovani nel periodo adolescenziale.
I momenti difficili, la sofferenza che ne consegue, sono cose che fanno parte della crescita che è alla base della vita. Cadere in depressione è un problema diffuso. L'autocommiserazione è il baratro che ci aspetta sempre dietro l'angolo ed, una volta dentro, è sufficiente un momento di breve ed intensa follia per non tornare più indietro.

Quello che dovrebbe insegnare questa storia a noi tutti, invece di tirare conclusioni enorme sui Nirvana, o sulle possibili turbe psichiche di Kurt Cobain, o sugli anni 90 in generale, l'industria musicale o la Generazione X, è di fare caso a quanto queste tragedie siano alla questione del giorno. Il problema del suicidio è che il gesto in sé esercita un enorme fascino, alimentato per lo più dalla suggestione del senso di colpa. Nel caso dei Nirvana, l'attenzione mediatica ha generato un mito generazionale, col pericolo di generare degli emuli ed il risultato di depositare un'ombra indelebile sull'ultima grande band in grado di imporre le proprie regole all'industria discografica.
Che senso ha, quindi, unirci al dibattito interminabile che è durato circa vent'anni e che ha visto il susseguirsi un giro di accuse senza fine? L'unica cosa che possiamo fare è applicarci per le persone per cui possiamo fare veramente qualcosa, ossia le persone che abbiamo intorno, perché anche loro possono avere qualche preoccupazione che li possa condurre, in un momento di debolezza, a compiere qualche stronzata. Poco conta la nostra opinione in merito alle loro preoccupazioni. L'unica cosa che possiamo tentare di fare è di comportarci bene con loro, cercando di stare loro vicini ed offrirgli il nostro supporto e la nostra comprensione, accettando anche il dolore del fallimento, perché non siamo né santi, né eroi, né abbiamo il potere degli déi. Ma non dobbiamo mai smettere di cercare, perché esiste sempre, la via di uscita.



 --------  Dedicato A Lucia, che non ha avuto la forza
e che era bella come il sole, come lo era Kurt