Piaciuta Suor Cristina? Andate in bagno, masturbatevi, vomitate, fatevi una lavanda gastrica e poi una tisanina per depurarvi dalle scorie in eccesso.
giovedì 30 ottobre 2014
lunedì 20 ottobre 2014
Suor Cristina vuole essere toccata
Che bello che è vivere in questo Paese.
Fai la vita di tutti giorni, poi ad un tratto arriva sempre una notizia in grado di rendere la routine un po' meno opprimente. Corruzione, tangenti, Ruby, mafiosi che scappano in Libano, suore che cantano Madonna.
Eh sì, non suore che cantano la Madonna, come tutti i Santi giorni. Suore che cantano Madonna. Neanche i Simpson o South Park erano stati capaci di tanto.
Forse molti liquideranno questa come l'ennesima stupidata dello Stivale, si faranno una risata, un commentino acido e passeranno oltre, ma non si rendono conto di quanto sia epocale la svolta che il brano Like A Virgin di Sister Cristina (produzione Universal) introdurrà nelle nostre vite - quanti interessanti paradossi ci libereranno dall'uggio quotidiano.
Per la prima volta nella Storia, con il tempismo tipico con cui il sistema ecclesiastico riesce ad adeguarsi ai costumi moderni (Twitter a parte), la Chiesa entra nelle classifiche pop. Per la prima volta, possiamo essere informati dell'ultimissima novità musicale direttamente sull'Avvenire, senza doverci rivolgere a mensili specializzati come Rolling Stones, o XL. Pensate che comodità
E forse non è finita qui. Tra un paio d'anni sulla copertina dell'avvenire potremmo trovare una enorme Croce rosso fuoco: "Il nuovo album dei Justice - con le loro opinioni di Nostra Santità". E non è finita qui.
Nell'articolo dell'Avvenire, Suor Cristina dichiara: «L’ho scelta io. Senza nessuna volontà di provocare o di scandalizzare.
Leggendo il testo, senza farsi influenzare dai precedenti, si scopre che
è una canzone sulla capacità dell’amore di fare nuove le persone. Di
riscattarle dal loro passato. Ed è così che io ho voluto interpretarla.
Per questo l’abbiamo trasformata dal brano pop-dance che era, in una
ballata romantica un po’ alla Amos Lee. Cioè a qualcosa di più simile a
una preghiera laica che a un brano pop». Secondo la cantante, un riarrangiamento in chiave pop romantico cambierà l'ottica d'interpretazione del testo, privandolo dell'allusione sessuale a cui fa riferimento. E perché no? Immaginatevi Bob Marley che riarrangia Faccetta Nera in versione reggae: "è una bella canzone, ho pensato di dargli un po' di groove giamacaino. In fondo il motivo è orecchiabile ed è un omaggio alle nostre sorelle in Abissinia".
Forse, finalmente, anche i giovani cattolici, durante i sabati sera passati in Chiesa, potranno finalmente suonare Il Tempo Di Morire come tutti gli altri, basterà provvedere a riarrangiare la canzone sugli accordi di My Heart Will Go On.
Insomma, in fin dei conti una suora è pur libera di cantare: Like a virgin/ Touched for the very first time/ Like a virgin
When your heart beats/ Next to mine/ Like a virgin, ooh, ooh/ Like a virgin/ Feels so good inside/ When you hold me, and your heart beats, and you love me/: ciò rappresenta l'estetica rock al suo apice. Il rock finalmente ha sconfitto tutti i tabù esistenti. In confronto la ballata sensuale di Elvis, Sympathy For The Devil, le pacchianate di Alice Cooper e Ozzy Osbourne, le tette di Blurred Lines sono semplici ragazzate. Questo brano è la cosa più hardcore che avessi mai sentito dai tempi di GG Allin - con la differenza che lo sentiranno le mamme, le bambine e forse persino le nonne, convinte di sostenere la Buona Causa.
Oggi, 20 Ottobre 2014, una Suora canta davanti a tutto il mondo, con fierezza, che quando qualcosa di inaspettatamente grosso entra dentro il corpo di una donna può fare male, ma anche essere inaspettatamente piacevole.
When your heart beats/ Next to mine/ Like a virgin, ooh, ooh/ Like a virgin/ Feels so good inside/ When you hold me, and your heart beats, and you love me/: ciò rappresenta l'estetica rock al suo apice. Il rock finalmente ha sconfitto tutti i tabù esistenti. In confronto la ballata sensuale di Elvis, Sympathy For The Devil, le pacchianate di Alice Cooper e Ozzy Osbourne, le tette di Blurred Lines sono semplici ragazzate. Questo brano è la cosa più hardcore che avessi mai sentito dai tempi di GG Allin - con la differenza che lo sentiranno le mamme, le bambine e forse persino le nonne, convinte di sostenere la Buona Causa.
Oggi, 20 Ottobre 2014, una Suora canta davanti a tutto il mondo, con fierezza, che quando qualcosa di inaspettatamente grosso entra dentro il corpo di una donna può fare male, ma anche essere inaspettatamente piacevole.
Sono commosso. In confronto Miley Cyrus è una novellina.
La voce di Sister Cristina non sfigura affatto rispetto a quella della Regina del Pop. Al contrario, mi auguro che la Sorella s'impegni nei prossimi tempi a rivisitare il catalogo della signora Ciccone, e che la prossima cover sia questa:
venerdì 17 ottobre 2014
Hendrix si rigira nella tomba
Da buon appassionato di biopic sulla vita dei musicisti che hanno fatto la storia, l'uscita al cinema di Jimi – All Is By My Side mi aveva inizialmente fatto saltare sulla sedia. Mi ero sempre chiesto perché nessuno ci avesse mai pensato prima. In fondo, la storia di Jimi Hendrix è piena di pathos e di umanità, per certi versi decisamente più interessante di quella di personaggi ben più celebri come i Fab Four. Nato povero, da paracadutista nell'aviazione americana a chitarrista rivoluzionario, dalle timide esibizioni come turnista nella band di Curtis Knight alla Experience alla Band Of Gipsies ed alla straordinaria esibizione di Woodstock: dopo la consacrazione del festival di Monterey, il mito di Jimi Hendrix si è bruciato velocemente come una fiamma di un cerino, tra un eccesso di droga e l'altro.
Un personaggio timido, riservato, spesso inconsapevole della grandezza del suo talento, che suonava la chitarra con uno stile tutto suo, un ingenuo, modesto, buono, spesso descritto come un amante tenero; insomma il personaggio ideale per la trama di un biopic.
Il film di John Ridley, pesantemente minato dall'impossibilità di utilizzare i brani originali dell'artista, ha optato per il ritratto del personaggio più da dietro le quinte, ossia ai tempi produttivi della Swingin' London e della formazione della Experience, piuttosto che all'apice della sua carriera. Pur avvalendosi della stupenda interpretazione di André Benjamin, la cui somiglianza col chitarrista lo fa sembrare il fratello bello dell'originale, nonostante abbia circa quindic'anni in più rispetto all'età in cui Jimi è morto, il film ha il difetto di avvalersi di un montaggio che spezza il flusso cronologico, anticipando ciò che ancora deve succedere. Ogni conversazione, pertanto, sembra rimandare ad un avvenimento importante, del quale si dà per scontato che lo spettatore sia a conoscenza. Il ricorso ai freeze-frame che annunciano la comparsa di personaggi degni di rilievo (Keith Richards, George Harrison, Eric Clapton, Adam Sandler, Noel Redding, Mitch Mitchell, etc...) sono per la maggior parte gratuiti e non si addicono al ruolo marginale che questi personaggi assumono nella narrazione. Si ha pertanto la spiacevole sensazione, durante la intera durata della pellicola, che il film non potrebbe sussistere senza qualcosa che esiste al di fuori del film stesso. In particolare pesa come un macigno la scelta di tagliare la famosa versione di Wild Thing al festival di Monterey in cui avvenne il rogo più famoso del rock.
Le scene clou che rimangono sono le piccole esibizioni live nella Swingin' London, su cui spicca in particolare la jam coi Cream (con la fuga di Clapton dal palco ai camerini) e l'esibizione di Stg Peppers Lonely Hearts Club Band davanti ai Beatles.
In fin dei conti, si può dire che nel riprodurre l'ambientazione storica e la semplicità genuina dell'artista, un po' hippie un po' semplicione, il film abbia perfettamente centrato il suo scopo. Quello che manca è una trama seria che scuota seriamente lo spettatore e che tratti quelle tematiche che hanno realmente rappresentato le difficoltà di Hendrix al suo tempo (la povertà, l'essere nero, le droghe) e che invece sono solo trattate marginalmente, per lasciare spazio ad una storia ampiamente romanzata che vede nel mezzo quella gnoccolona di Linda Keith (Imogen Poots), che non gliela dà, lo bacchetta costantemente, lo vuole tutto per sé ed intanto si fotte Keith Richards, e Kathy Etchingham (Hayley Atwell), con la quale Jimi intrattiene una relazione alternata dai suoi raptus violenti. La stessa Kathy Etchingham ha recentemente dichiarato quanto quelle scene fossero fittizie ed, al contrario, ha descritto Jimi come un gentiluomo. D'altronde, dal momento che questa descrizione coincide con quella di altre donne che sono passate sul sentiero dell'amore di Hendrix, che bisogno c'era di rappresentarlo come un uomo violento, lunatico, superficiale e pieno di sé? Dov'è l'intento celebrativo della locandina? Il film sembra quasi passare il messaggio, pericoloso ed assai diffuso nella società capitalistica americana, che se sei qualcuno di speciale, di unico, allora puoi superare le barriere normalmente imposte agli altri, come quella di picchiare una donna.
Non voglio andare oltre.
Esistono documentari pregevoli sulla vita e sull'opera di Hendrix che vale la pena di guardare. Se volete farvi un'idea di chi Hendrix fosse realmente, andate a farvela da qualche altra parte.
Non voglio andare oltre.
Esistono documentari pregevoli sulla vita e sull'opera di Hendrix che vale la pena di guardare. Se volete farvi un'idea di chi Hendrix fosse realmente, andate a farvela da qualche altra parte.
giovedì 16 ottobre 2014
Funk Selecta
Salve psiconauti e funkonauti
questa settimana la selecta invoca culi danzanti
ecco la selezia
#5 Parliament - Unfunky Ufo (1975)
Un po' banalotta, ma è groove che insegna. Ascolto le voci e mi sbrodolo.
#4 The Highlighters - The Funky 16 Corners (1969)
Come James Brown, o forse meglio. Non perdetevi la raccolta col titolo omonimo!
#3 Mario Garcia - Sr. Cisne (1980)
Lo sapevate che in Uruguay si è creata una scuola di funk unica al mondo, in cui i ritmi africani si sono mescolati alle tradizioni locali, per di più debitrici della scuola di chitarra spagnola? Beh, sapevatelo!
#2 The Shaolin Afronauts - Kilimanjaro (2008)
Afrobeat, ma che cazzo è? Mi piace. Sa d'Africa, di Jazz, di marcio, di qualcos'altro.
#1 Hannah Williams & The Tastemakers - Don't Tell Me (2010)
Groovy da paura. Chissà mai che passino in Italia?
martedì 14 ottobre 2014
Chicche per chitarristi - Jon Goom
Avevo già sentito parlare della Slap Hand Guitar: è una tecnica che sicuramente permetterà alle future generazioni di chitarristi di ritagliarsi un ruolo sempre più importante all'interno delle composizioni.
La tecnica Slap Hand, sostanzialmente, consiste nell'accoppiare la produzione di note sul manico con la percussività dei due lati della cassa di risonanza. In questo modo, sviluppata la coordinazione adeguata, il chitarrista è in grado di produrre la melodia ed accompagnarsi da solo attraverso ritmi anche piuttosto complicati.
La tecnica Slap Hand, sostanzialmente, consiste nell'accoppiare la produzione di note sul manico con la percussività dei due lati della cassa di risonanza. In questo modo, sviluppata la coordinazione adeguata, il chitarrista è in grado di produrre la melodia ed accompagnarsi da solo attraverso ritmi anche piuttosto complicati.
L'esempio più semplice che posso proporvi è questo famosissimo pezzo acustico dai toni postrockeggianti. La tecnica Slap Hand è qui però solo accennata.
Lo step successivo è quello di introdurre la tecnica del tapping a due mani, tipicamente propria dei bassisti dalle sei corde in su, che comporta l'utilizzo della mano che solitamente scorre sul manico per la produzione della linea di basso, mentre quella che si occupa delle corde si sposta sulla parte più bassa del manico a produrre il tema, e coordinarla con quella Slap Hand.
Poi, se uno è veramente un cignale, può a sua volta combinare la coordinazione di queste due tecniche (Slap Hand e tapping) con il canto, in modo così da svolgere la funzioni normalmente assegnate a 4 membri diversi di una band. Dopotutto, una volta imparate le doti di coordinazione necessarie allo Slap Hand, cantarci sopra sembrerebbe proprio la parte più semplice.
Jon Gomm è andato ancora oltre a tutto questo. La sua tecnica prevede anche l'utilizzo di riff prodotti da armonici artificiali (cioè, prodotti pizzicando 12 tasti sotto la nota desiderata) che poi vengono modulati scordando la chitarra fino al punto desiderato. Tutto questo, ovviamente, mentre percuote la chitarra, suona in tapping, canta, prepara il caffè, stende le lenzuola e si gratta la schiena. Secondo me è autistico.
domenica 12 ottobre 2014
Mothercar - Primo Disco
Der Sonnenaufgang Kommt Nie Für Sie
Pezzo 1
Weed Canaja
Sweet Caroll And The Dog Sons
Blak Owl
From That What You Say
Enfisema
MutterAuto (HiddenTrack)
Corri,
vai al lavoro. Università. Scadenze precise. Cazzo devo recensire il
disco di quel gruppo, come si chiamavano? I Mothercar. Strano nome.
No, effettivamente suona bene. Mo Ther Car. Perché no? Auto e
macchina, in fondo non sono nient'altro che i desideri primari
dell'uomo secondo la visione capitalistica moderna … non sarà che
questi Mothercar saranno degli anarcoidi? Vediamo un po': cd
presentato ad El Paso, detto anche El Paso occupato. Video del
singolo girato in una casa abbandonata, chissà dove (Torino,
sicuro); copertina ripresa dallo schema decorativo interno alla casa.
I Mothercar vengono da Chivasso, non da Torino, e ci tengono a dirlo.
Ecco un buono spunto interessante: di solito tutti fanno al
contrario. In effetti, con le altre band torinesi, i Mothercar hanno
ben poco da spartire. La differenza sta innanzitutto nel format a
tre, che comporterebbe una serie di limitazioni davvero notevoli, se
non fosse che Niccolò Boscolo è in assoluto uno dei migliori
chitarristi della zona, a mia detta forse secondo solo a Lorenzo
Riccardino dei Glooom. Il secondo aspetto discernitivo importante è
l'atteggiamento bonario e sinistrorso della band: un evidente e
frequente richiamo alle tematiche politiche cruciali dei nostri
tempi, senza perdersi troppo nella retorica – tipicamente propria
degli artisti che raggiungono una certa notorietà nel capoluogo
piemontese – secondo cui l'artista dovrebbe sentirsi autorizzato a
far proseliti su tematiche importanti in quanto in quanto
autoinvestito di una superiorità morale direttamente trascesa da
un'entità metafisica più o meno definita. I Mothercar, invece, non
si perdono in chiacchiere, non vanno al Margot a farsi offrire il
cocktail fino alle 3 di sera per circondarsi di ragazzine
diciannovenni e sperare di incontrare il vecchio Samuel che alla
veneranda età di 45 anni forse passerà a pescare una squinzietta
del primo anno di filosofia per il pompino domenicale. No, i
Mothercar un giorno probabilmente distribuiscono cibo gratuito alla
mensa per poveri e la domenica vanno a prendersi i lacrimogeni in
faccia in val di Susa. La preoccupazione dei Mothercar non è la
dialettica dell'”io,io,io,io, IO” , ma piuttosto quella, sana,
del “sono una persona normale, faccio delle cose nella vita e nel
tempo libero mi piace tanto, ma tanto suonare”.
I Mothercar sono la musica che fanno: ed è indubbiamente per questo che sono così bravi.
I Mothercar sono la musica che fanno: ed è indubbiamente per questo che sono così bravi.
Attivi
dal 2010, i Mothercar avevano già pubblicato una demo (nel 2012) che
era forse il lavoro più minimale degli ultimi dieci anni di vita
musicale torinese: copertina orrenda, titoli inesistenti, pezzi
abbozzati. Non era affatto male, c'erano solo un po' di cose da
rivedere.
Eccoli
quindi arrivare all'etichetta Scatti Vorticosi: inciso l'album, i
MadreAuto hanno letteralmente osannato sulla loro pagina facebook
tutto il catalogo dell'etichetta, col risultato che il loro link,
sulla pagina web di Scatti Vorticosi, non è ancora presente. Ma non
preoccupiamoci no? Questa è la prassi! Tu mi fai incidere un album,
dopodiché sarà sicuramente io con i miei 600 fan su facebook a
farmi pubblicità da solo: funzionerà sicuramente!
Ma
torniamo ai Mothercar, adesso, ed alla loro musica: saranno già
parecchi stufi di sentir parlare di come si vestono, di atteggiamenti
ed etichette.
Il loro
disco, intitolato proletariamente (ok, la smetto) Primo Disco, ci
mostra una band alle prese con un bagaglio di influenze piuttosto
ampio e difficilmente coniugabile, il che ha reso particolarmente
interessante e difficile scrivere questa recensione. Senza dubbio i
tre tratti somatici principali sono l'hardcore, inteso non solo come
riferimento musicale e culturale ma anche come atteggiamento sonoro,
che si riflette anche in certe distorsioni e linee di batteria
decisamente stoner; un amore appassionato per gli anni 70 e per gli
arpeggi melodici ed il tentativo continuo di contaminare il tutto con
linee proprie della drum'n bass. Tuttavia, utilizzare i termini così
in fretta fa perdere in fretta le coordinate musicali di riferimento.
Definire il disco come “post rock” potrebb'essere una sana
indicazione, se per post-rock s'intende il superamento della forma
canzone in funzione di uno schema compositivo più libero, ma non
aspettatevi niente a che vedere con i Mogwai o con gli Explosions In
The Sky, siete completamente fuori strada. Io, invece, penserei più
ad un gruppo (e, devo dire, mi sono stupito nel trovarlo tra le
influenze rivendicate dai Mothercar stessi) come i Neu! se volessi
far riferimento al pezzo di apertura, Der Sonnenaufgang Kommt Nie Fur
Sie (Il sole non arriva mai per voi), ed agli Ash Ra Temple. Il pezzo
si può dividere, e neanche tanto idealmente, in due parti
completamente differenti e che sembrano montate insieme senza uno
schema logico. Con questo non intendo affatto che lo stacco netto mi
dispiaccia. Anzi. La prima parte potrebbe anche certi artisti
italiani come i Giardini di Mirò o gli Hermitage, la seconda, per
dare un'indicazione abbastanza sbrigativa, è assai più vicina agli
Stooges e la voce mi ricorda i Colour Haze. Un gruppo questo, che io
consiglierei assai ai padiglioni auricolari dei tre membri del power
trio. Ecco qua:
La voce di Borello è infatti un buon basso. Il falsetto
funziona, e lo strillo in stile Bent Sæther regge (Pezzo 1), ma si
perde sulle note medioacute. È evidente come la voce nei pezzi passi in
secondo piano, ma questo tuttavia rappresenta un motivo valido per archivarne le
capacità. Una buona voce bassa potrebbe avere delle potenzialità
inaspettate, e con questo io non dico che il vostro cantante dovrebbe
imparare a cantare: basta solo che capisca dove la sua voce rende
meglio. È una strada in salita, ma rende maggiormente. From That
What You Say è penalizzata nella parte del crescendo
postrockeggiante: se la chitarra già segue un moto verticale, è
inutile che la voce, seguendo le stesse coordinate, si vada ad
inoltrare su lidi difficilmente accessibili! Armonicamente è una
ripetizione inutile, forse basterebbe mettere un coro per smorzare
l'effetto.
Le due
canzoni che seguono sono tratte dal demo d'esordio: la prima, che
reca anche la firma di Federico Esposito (membro fondatore della
band, non più presente), è in assoluto il primo pezzo del gruppo e
ciò si avvisa nell'insipidità pressoché totale dei primi 25
secondi iniziali. Segue una voce modificata che canta “I see you
fight, I see you fight and I'll be standing for you”, fin qui un
orecchio inesperto bannerebbe la canzone come pezzo da band liceale.
Ciò che invece io ritengo interessante è come in questa traccia si
nascondano tutte le coordinate stilistiche del gruppo: la inaspettata
linea di batteria dnb della strofa che fa da contraltare all'arpeggio
in maggiore, lo stacco stoner e la ripresa improvvisa del ritmo
dnb. Poi ritorna il bridge, ma stavolta il tempo tra uno stacco e
l'altro si riduce, ed ecco che appare un irresistibile riffone a 1:35
e di colpo si ritorna agli anni 70. Lo stacco che segue al minuto
2:00 non è il massimo dell'inventiva, ma è stupendo come si
ricollega al riffone di prima in un microcrescendo di 30 secondi. Lo
schema si ripete e s'interrompe a 3:17 con uno dei riff semitonali
più stupidi del mondo, ma è evidente che l'interesse è puramente
ritmico, tanto che l'estro del batterista ci fa dimenticare quanto
quella soluzione fosse imbarazzante ed ancora una volta il rientro
sulla strofa è in grado di stupirci. Pezzo 1 mi piace per la sua
genuina ingenuità: è una precisa dichiarazione di intenti
artistici, ma dichiara anche apertamente: “ehi, che cosa volete,
guardate che è il primo cazzo di pezzo che abbiamo scritto!”.
Il pezzo
che segue, Weed Canaja, è un singolone mancato ed è decisamente più
maturo del precedente. Ha una bellissima apertura che mi ricorda
qualcosa a metà tra Sonic Youth e Motorpsycho e poi si perde di
nuovo su un arpeggino melodico, fino ad arrivare al commovente riff
finale. I cambi improvvisi anche qui non mancano, ma ha una struttura
canzone per cui a volte lamenta la mancanza di una voce.
Sweet
Caroll and The Dog Sons, invece, se da una parte mette il mostra il
lato più funk della band come non avrebbero saputo fare neanche gli
And So I Watch You From Afar, dall'altra è sicuramente il pezzo prog
meglio riuscito. Nel giro di pochissimo alle aperture melodiche alla
65DOS all'headbanging ad una bellissima rullata di batteria che una chitarra degna dei momenti migliori di Blood Sugar
Sex Magic. Poi accordoni e via, si riparte con un po' di dance, fino
a riconnettersi al riff iniziale. Superb.
Black Owl
è il pezzo che mi ha meno appassionato, anche se devo ammettere che
è uno dei meglio coesi. Devo però ammettere che il riff in
crescendo a 1:30 mi fa impazzire, anche se penso che sia penalizzato
dallo stacco che segue.
Su From
That What You Say, in parte, mi sono già espresso. Il riff iniziale
è stupendo. Il testo forse non vuol dire nulla, però è anche
giusto che qualcuno vada oltre al caro vecchio Kobain. Perché
dovrebb'essere gay solo Dio? Lo siamo tutti!
Enfisema
mi piace per la batteria storta. Ritmicamente, è un capolavoro. Mi
pesano un po' i giri armonici, non mi piace invece il riff finale,
trovo che non abbia sapore. Alcune intuizioni, però, mi fanno
intravedere l'idea di questa band alle prese con alcune soluzioni di
un certo jazz alla Zu. Mi auguro in un futuro non troppo prossimo.
Per
concludere, MutterAuto: la hidden track. Una stonerata con riff
dissonante e tagliente, inesorabile, lancinante: proprio ciò che
mancava fino ad adesso. Ottima scelta, posizione perfetta.
Per
concludere, vorrei dire che questo potrebb'essere probabilmente il
peggior disco che i Mothercar faranno nella loro carriera, e credo di
avere abbastanza intuito per affermarlo. Questo album è pieno di
così tante buone intuizioni che, per i presunti “artisti”
normali, di solito bastano a riempire 5 o 6 dischi. Lamenta solo non
una certa inesperienza, perché la band è sicuramente in ottima
forma, ma ancora alcune pecche nel songwriting che fanno parte dei
rischi di chi, come i Mothercar, cerca di esplorare delle nuove
sonorità. I suggerimenti, del resto li ho già indicati: lasciare
perdere certe soluzioni armoniche, utilizzare quella stupenda voce
con maggior criterio e non farsi prendere troppo dalla foga di
inserire un cambio improvviso a tutti i costi. Per il resto, un gran
bel lavoro.
Cari Mothercar, avete le potenzialità tecniche ed un bagaglio musicale tale che potete sfondare qualsiasi porta vi si trovi davanti, qualsiasi soluzione armonica: che si tratti di tirare fuori un pregevole disco di pop, o una nuova versione di Discipline all'italiana, o di una collaborazione con un'orchestra di ottoni, o di tentare di contaminare con ritmi breakbeat o di soluzioni elettroniche alla Four Tet … fate tutto quello che volete, ma non buttate via il vostro talento: se proprio dovete farlo, almeno uscitevene fuori con della merda così schifosa che vi permetterà di vivere di rendita e produrre musica decente per il resto della vostra vita.
Cari Mothercar, avete le potenzialità tecniche ed un bagaglio musicale tale che potete sfondare qualsiasi porta vi si trovi davanti, qualsiasi soluzione armonica: che si tratti di tirare fuori un pregevole disco di pop, o una nuova versione di Discipline all'italiana, o di una collaborazione con un'orchestra di ottoni, o di tentare di contaminare con ritmi breakbeat o di soluzioni elettroniche alla Four Tet … fate tutto quello che volete, ma non buttate via il vostro talento: se proprio dovete farlo, almeno uscitevene fuori con della merda così schifosa che vi permetterà di vivere di rendita e produrre musica decente per il resto della vostra vita.
Vi faccio
i miei migliori auguri, e buona fortuna!
VOTO: 75
Formazione:
Francesco Borello: Urli, guaiti, voce bassa e basso
Niccolò Boscolo: chitarra elettrica
Andreas Ciavarra: batteria & pentolami vari assortiti
Formazione:
Francesco Borello: Urli, guaiti, voce bassa e basso
Niccolò Boscolo: chitarra elettrica
Andreas Ciavarra: batteria & pentolami vari assortiti
sabato 11 ottobre 2014
3Teeth – 3Teeth
Passano le giornate, le settimane,
talvolta anche i mesi, eppure il nulla.
Sfondo una porta aperta del grande
mondo della ricerca dei dischi (senso figurato?).
Fingiamo che l'ottimismo come sempre
regni sovrano e infatti, poi.... si salta sulla sedia, folgorati,
amore a primo orecchio. Respiro. Calma. Razionalità.
Si lascia decantare, si riascolta, la
conferma del sentimento: era vero.
Quattordici tracce, scorrono come
coperte di vaselina su uno scivolo di burro, a patto che le orecchie
siano rodate: stiamo comunque parlando di industrial (americano,
ndr), il crodino lo lasciamo ai gorilla televisivi.
L'album è ben strutturato, omogeneo,
non divaga, non è monotono ed è coerente, le tracce lavorano
divinamente nel loro insieme, non si può chiedere di più. Vi farà
muovere il cranio, volenti o nolenti, complice la meccanicità delle
tracce che sembrano quasi lambire versanti EBM e nel contempo
strizzare entrambi gli occhi alla chitarra. Quest'ultima vi
abbraccerà e strozzerà allo stesso tempo: miracolosamente morbida
nella sua ruvidezza, mentre la voce vi graffierà con potenti artigli
di ferro.
Una cosa è certa, non è un album
ingenuo, non esita mai, sa sempre dove e come colpire, nulla è
lasciato al caso e, laddove le idee non scarseggiano, i colpi vanno a
segno. Lo studio a monte è decisamente palpabile i suoni non sono né
moda, né nostalgia, direi più un'azzeccata contemporaneità
sapientemente miscelata.
La qualità della registrazione è
all'altezza, potete infilarlo in qualsiasi amplificatore che nessun
operazionale, nessun transistor e nessun woofer si metterà a
piangere, forse vostra sorella che si trucca si.
Lo sto elogiando si, ma insomma, questo
album è una iena addomesticata, mi diventa impossibile non rimanerne
affascinato.
Cambiamo ambito sensoriale, veniamo
alla vista: lato molto ben curato, anch'esso non lasciato
all'incertezza, espliciti e apolitici messaggi anti-governativi misti
a scenari apocalittici, caratteri glitchati, nulla di mai visto ma
nulla di mal fatto.
Non è abbastanza? C'è anche l'album
di remixes che non recensiamo ma che consigliamo, materiale valido.
Links:
Soundcloud:
https://soundcloud.com/3TEETH
Facebook:
https://www.facebook.com/3Teeth
Bandcamp: http://3teeth.bandcamp.com/
Youtube:
https://www.youtube.com/user/3t33th
lunedì 6 ottobre 2014
Infant Annihilator - la band più stupida del mondo
Il titolo del post dice tutto.
Per lo meno, la consolazione è che le nuove leve di metallaroni pare che abbiano almeno il senso dell'umorismo.
La canzone più cattiva del mondo
Forse qualcuno di voi si ricorda ancora dei Bring Me The Horizon: uno dei pochi gruppi che faceva blblblblblbl GROOOWL blblblb AAAAAAAAAAAW che hanno saputo rinnovarsi a tal punto di album in album da essere arrivati ad inciderne uno - l'ultimo - a loro detta ispirato agli Explosions In The Sky.
Una loro canzone è stata presa di mira dagli Infant Annihilator, la band più stupida e cattiva del mondo allo stesso tempo.
Hanno vent'anni ma molta, molta cattiveria.
Una loro canzone è stata presa di mira dagli Infant Annihilator, la band più stupida e cattiva del mondo allo stesso tempo.
Hanno vent'anni ma molta, molta cattiveria.
Il growl finale è a dir poco sconcertante.
BUON ASCOLTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOORRRGH
La versione più bella del mondo
Stairway To Heaven è una delle canzoni
più emulate di sempre: si calcola che fino ad oggi il pezzo abbia venduto oltre
un milione di spartiti. Se teniamo anche conto di come sia statisticamente provato che solo un chitarrista su cento sappia leggere decentemente un pentagramma (sempre che sappia cosa sia, faccio un esempio: Jimi Hendrix), si può dire che almeno la metà dei chitarristi dagli anni settanta ad oggi si sono cimentati nell'impresa di apprenderla.
Ah! Quante volte abbiamo dovuto fare leva sui
nostri nervi calmi, quante volte abbiamo dovuto sopportare lo stupro
di quella melodia.
Durante gli anni del liceo, al concerto dell'amico del nostro amico, o alla festa di paese dove il padre del cugino di quello che abita di fronte a quello che usciva con la compagna di classe, nonostante i suoi capelli (pochi) bianchi e unti e le dita raggrinzite, quell'ennesimo padre che voleva giocare a fare il rocker sul solo di Stairway To Heaven!
Durante gli anni del liceo, al concerto dell'amico del nostro amico, o alla festa di paese dove il padre del cugino di quello che abita di fronte a quello che usciva con la compagna di classe, nonostante i suoi capelli (pochi) bianchi e unti e le dita raggrinzite, quell'ennesimo padre che voleva giocare a fare il rocker sul solo di Stairway To Heaven!
E quante volte il cantante non andava
bene, stonava, o era persino troppo simile all'originale da privarlo
di tutte quelle imperfezioni che ci piaceva tanto.
Quante volte quella canzone mancava di personalità nell'esecuzione, quante volte i musicisti erano troppo poco disinvolti ed appassionati e ci siamo chiesti “perché, perché, perché?”. Quante le versioni jazz inutili?
Quante volte quella canzone mancava di personalità nell'esecuzione, quante volte i musicisti erano troppo poco disinvolti ed appassionati e ci siamo chiesti “perché, perché, perché?”. Quante le versioni jazz inutili?
Ed anche i nostri idoli, a deluderci: quanti artisti famosi si sono impegnati in quell'inutile impresa, quando quel pezzo, nella versione in
studio, era così impeccabile, che neanche gli stessi Led Zeppelin sono stati mai capaci di emulare sé stessi:
soprattutto Plant, quel balordo, che tra un eccesso e l'altro aveva
una voce così imprevedibile da costringersi a sostituire l'esecuzione con "l'interpretazione" o Page, quel tossicone, che si fumava in faccia la sigaretta
proprio sulle note più importanti.
Ah, quante delusioni, inutile! Avevo deciso che non avrei più ascoltato una sola versione di Stairway To Heaven, se non quella, la sola, la unica, l'originale.
Ah, quante delusioni, inutile! Avevo deciso che non avrei più ascoltato una sola versione di Stairway To Heaven, se non quella, la sola, la unica, l'originale.
Tutto questo, fino a quando non ho scoperto che c'avesse provato anche Frank Zappa.
Credo che la versione a cui faccio
riferimento sia quella contenuta nell'album The Best Band You've
Ever Heard del 1988. Il concerto si conclude proprio con una
versione di Stairway To Heaven e, del resto, una versione così è
proprio degna della Miglior Band Che Abbiate Mai Sentito.
Complice una sezione di fiati veramente
da urlo, la canzone si barcamena su un'ironica reinterpretazione free
raggae con cambi di tempo ed imprevedibili schitarrate zappiane fino al famoso
cambio centrale. Fino a qui, tutto sommato, le due versioni si
somigliano abbastanza, ma già si nota che l'intento artistico di rivisitare il pezzo, arricchendolo di nuovi inaspettati elementi, primo su tutti il caratteristico, jazzistico, timbro baritonale della voce di Zappa.
Dopo il Cambio, accade il miracolo.
Il fraseggio di chitarra introduce un'accelerazione improvvisa e le trombe prendono il sopravvento. Sono loro? Sì, CAZZO! è proprio la sezione di fiati! Gli ottoni suonano ESATTAMENTE quel solo di chitarra senza uno sbafo e sììììììì anche la frasetta velocissima! Ed a quel punto spunta la chitarra di Frankie, trionfante, che riempie proprio su quella parte che, per mancanza di organico, Jimmy Page non ha mai potuto eseguire dal vivo.
Il fraseggio di chitarra introduce un'accelerazione improvvisa e le trombe prendono il sopravvento. Sono loro? Sì, CAZZO! è proprio la sezione di fiati! Gli ottoni suonano ESATTAMENTE quel solo di chitarra senza uno sbafo e sììììììì anche la frasetta velocissima! Ed a quel punto spunta la chitarra di Frankie, trionfante, che riempie proprio su quella parte che, per mancanza di organico, Jimmy Page non ha mai potuto eseguire dal vivo.
Il vecchio Frank le aveva proprio
pensate tutte. Quando ci sentiamo già totalmente appagati,
la canzone accelera di nuovo, prende la voce un negretto con un groove demoniaco e canta il
ritornello finale come Plant non è mai riuscito in vita sua. Il
cambio che ne segue è prog puro, con la batteria che suona forsennata
seguendo i cambi della chitarra di quel cronopio di Zappa, fino alla
grande frase finale “Annnnd She's Buuying a...Staaaairwaaaay...to
Heaveeeeeen”, armonizzata con un coro degno dei migliori Crosby Stills Nash & Young.
Pensate che sia finita qui, eh? Ma la conclusione...la conclusione è puro genio, è ancora più geniale, ma non vi anticipo più nulla. 10 e Lode!
Pensate che sia finita qui, eh? Ma la conclusione...la conclusione è puro genio, è ancora più geniale, ma non vi anticipo più nulla. 10 e Lode!
Tra il metafisico ed il sublime
Non ho potuto fare a meno di notare
come i Noise Trail Immersion rappresentino il tentativo odierno più
riuscito di ravvivare la poetica tardoromantica, unendola
sapientemente con la loro passione per la chanson troubadour, ed in particolare di Bertran de Born.
We Are Sleeping (Nous Dormons) è una splendida
canzone d'amore dai toni autobiografici, in cui il protagonista, parlando di sé stesso in terza
persona, racconta la malinconia per la perdita della donna amata, da
cui l'attende l'ineluttabile separazione.
Nella settima
strofa, all'incirca tra il 34esimo cambio di tempo da 7/8 al 19/32,
si evince chiaramente la sofferenza del distacco dall'amata, evidenziato da una splendida
rima alternata:
“BBAURGH REEEMB WOOSH BLEEEGH
KRUSH BLEEEEEERRRGH KNAF WREEESSHHHH
BZAAR BROOOOOGH REEESH RAEEEGH
BLOOOOGH DGRAAASS WEF BEEEEEEEEEESH”
Segue, non per importanza, né per
bellezza, la splendida anastrofe sul 57esimo bridge:
“GRUUUUUM
WAAAAAAAAAAAAAAA KLEEE”
Per non parlare della romanticissima allusione alla
caducità della vita, nel crescendo finale
“DRAAUGH ROARRRRR BLEEEEGH”
sottolineato dallo schizzo di vomito
che parte dal canino destro del cantante a 3:09.
La tragedia è sapientemente attualizzata
alle tematiche contemporanee e
racconta della separazione obbligata dalla crisi economica, per cui
le speranze proprie di un amore giovanile si rompono sul nascere: la giovane
fiancé finirà per partire, in seguito all'assegnazione di un posto di lavoro all'estero.
Il sonno rappresenta la nostra condizione attuale: mentale e fisica.
Il sonno è lo stato di colui che crede di innamorarsi sugli incontri online, di vivere su facebook, ma anche di chi spende una vita seduto, per poi imparare a fare un lavoro seduto, davanti ad un altro schermo.
Il sonno è lo stato di colui che crede di innamorarsi sugli incontri online, di vivere su facebook, ma anche di chi spende una vita seduto, per poi imparare a fare un lavoro seduto, davanti ad un altro schermo.
Il
sonno è anche paralisi, inerzia, impossibilità. L'impotenza di chi non può fare nulla per migliorare il proprio
futuro, obbligato da una crisi economica imposta da autorità inscrutabili ed
irraggiungibili, e che non lotta più contro niente, non sapendo più
contro chi lottare.
Il sonno, forse, è l'unica speranza per chi sia obbligato ad ingoiare ogni pillola di questo supplizio, anche a sacrificare le proprie passioni, pur di continuare a rimanere a galla.
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